New York. L’ultimo dibattito presidenziale, alla Hofstra University di Long Island, si è concluso con il repubblicano John McCain proiettato in una posizione leggermente migliore rispetto all’immediato inizio della sfida. McCain è stato più efficace del solito, anche se come sempre un po’ confusionario, eppure capace in qualche occasione di mettere in difficoltà Barack Obama con attacchi diretti e battute riuscite. La faccia scura degli opinionisti televisivi, a fine dibattito, svelava molto più di ogni analisi politologica.
I sondaggi però sono unanimi, Barack Obama è praticamente irraggiungibile da qui al 4 novembre. Il suo vantaggio va dagli otto ai quattordici punti e aumenta di giorno in giorno negli stati che il candidato repubblicano non può perdere. L’unica buona notizia, per McCain, è che Obama al dibattito di mercoledì notte avrebbe potuto chiudere la partita una volta per tutte, se si fosse ripetuta la situazione del precedente duello a Nashville. McCain è partito stanco, con gli occhi cerchiati di rosso, e le condizioni per un’altra débâcle come quella in Tennessee sembravano imminenti. Invece è successo il contrario. Il senatore repubblicano è stato all’offensiva, riuscendo per la prima volta in questa campagna elettorale a irrigidire il magnifico volto hollywoodiano di Obama. Le quattro o cinque cose di questo dibattito che sono passate sono state tutte di McCain. All’ennesimo attacco obamiano a George W. Bush, McCain ha risposto: “Senatore, io non sono il presidente Bush, se davvero voleva sfidare Bush avrebbe dovuto candidarsi quattro anni fa”. Detto da uno che contro Bush si è candidato davvero, nel 2000, è stato molto efficace. McCain ha messo in difficoltà Obama anche quando ha ridicolizzato la sua idea di cambiare il trattato di libero scambio Nafta firmato con i paesi alleati, ma di essere pronto a sedersi al tavolo, “senza precondizioni”, con Hugo Chávez. Tra l’altro, ha sottolineato McCain, “Obama non è mai stato nell’emisfero sud del nostro continente”.
Infine, McCain ha trasformato il dibattito nel giorno di “Joe the plummer”, l’idraulico Joe, citato almeno una ventina di volte, a denti stretti anche da Obama. L’idraulico Joe è un signore dell’Ohio che qualche giorno fa ha detto al senatore democratico che se dovesse diventare presidente, fatti due conti, non gli converrebbe più acquistare l’azienda per la quale lavora perché l’Amministrazione Obama gli farebbe pagare più tasse. Obama gli aveva risposto, in una conversazione finita su youtube, che la sua filosofia è quella di “spread the wealth around”, di diffondere la ricchezza. In una parola: socialismo.
Sia pure in modo non chiarissimo, perché abituato a parlare con quel codice da iniziati che si usa nei talk show televisivi, McCain ha spiegato all’idraulico Joe, e a tutti gli indecisi come lui che il 4 novembre decideranno le elezioni, che la grande differenza tra lui e Obama è la solita: lui vuole far pagare meno tasse a tutti gli americani, specie in questi tempi di crisi, tagliare gli sprechi e bloccare per un po’ di tempo nuove fonti di spesa, mentre Obama propone la vecchia ricetta di tasse e spesa.
Più che in altre occasioni in questo dibattito, interamente dedicato alle questioni di politica interna, sono emerse le diverse filosofie di governo dei due candidati, anche se Obama ha cercato per metà del tempo di accreditarsi come uno che crede nel taglio delle tasse per uscire dalla crisi finanziaria e, inoltre, come uno attento alle ragioni degli avversari sulla questione dell’aborto. Obama, per dire, si è pure lanciato in un elogio di Sarah Palin. Su sollecitazione del moderatore, McCain ha chiesto bruscamente a Obama di rendere conto dei suoi rapporti con l’ex terrorista Bill Ayers, uno che l’11 settembre del 2001, aveva detto al New York Times che si era pentito solo di non aver messo bombe a sufficienza, ma anche con l’associazione degli assistenti sociali sotto inchiesta per frode elettorale in dodici stati. Obama non ha mai perso la calma e non ha mai avuto una reazione scomposta, al contrario di McCain di fronte alla serenità e al formidabile distacco di Obama. Una serenità molto professionale e anche presidenziale.
17 Ottobre 2008