La cosa più semplice é non vedere. Non solo perché mette in pace la coscienza, ma anche perché qui é molto facile condurre una vita avulsa dalla realtà, fatta di ufficio, colleghi occidentali, ristoranti, spiaggia, mare, mall, locali, happy hours e feste. Ho parlato, e continuo a parlare, con tutti gli expats che incontro, amici e non, raccontando dell’altra faccia di Dubai. Spiegando che sono stata molte volte a Sonapur, che ho collaborato con un’associazione indiana (peraltro fuori legge) che si occupa degli invisibili, che decine di operai edili disperati mi hanno chiesto aiuto per tornare a casa o trovare un altro lavoro. Per tutti la reazione é la stessa: sorpresi mi dicono, “ma é davvero così? Di sicuro nei loro Paesi stanno peggio”. Eppure la realtà é continuamente sotto gli occhi, addirittura ad ogni angolo di strada dato che i cantieri in città sono ancora moltissimi. Come si fa a vivere qui e a non chiedersi nulla? Non voler comprendere, capire, sapere? Almeno domandarsi dove vanno ogni sera quei bus bianchi carichi di ragazzi indiani ricoperti di sudore e polvere?
Eppure quella degli expats é una vita parallela che ha tutto il sapore di una sorta di neocolonialismo. Soprattutto per gli inglesi, che amano Dubai per il caldo e il sole e che forse la considerano ancora un po’ loro questa sacca di sabbia (hanno fatto male i loro calcoli e se ne sono andati poco prima della scoperta del petrolio). Fatto sta che qui il lusso costa davvero poco ed é facile rimanere inebriati da una vita priva di difficoltà: ragazze filippine o etiopi che governano le case e badano ai figli a 300 euro al mese (24 ore su 24), ragazzi indiani disponibili in ogni grattacielo o grande magazzino per lavare automobili, caricare o scaricare le borse dello shopping, riporre nei sacchetti i prodotti acquistati al supermercato, schiere di filippini sorridenti che ti riempiono il bicchiere al ristorante o raccolgono il tovagliolo se ti cade per terra.
Ma l’emblema di questa vita patinata sono le “Jumeirah Jane”, ovvero le mogli degli stranieri che passano le loro giornate nei centri di bellezza, a fare shopping, organizzare party o bere un “italian capucino” con le amiche. L’appellativo deriva dal nome di una strada piena di caffè e boutique che corre lungo il mare e da una zona residenziale di ville sulla spiaggia dove vivono gli occidentali piú ricchi. Incuranti di trovarsi in un Paese musulmano, sfoggiano minigonne e canottiere senza fare caso allo sguardo un po’ irritato e un po’ compiaciuto dei locals. Lo chiamano il favoloso Dubai lifestyle, ma cosa sia di preciso nessuno lo sa: forse é proprio la facilitá con cui si riesce a non vedere, a non fare caso alla realtá, alla vita vera. Sí, Dubai per loro é proprio Sonapur, la città dell’oro.