«Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare». Aveva provato a indorare la pillola, il 23 marzo, congedandosi con il più bonario dei «ma tutto è bene quel che finisce bene». Aveva trattenuto a stento l’invito a dare una carezza ai nostri bambini, ma comunque Gianni Letta ce l’aveva messa proprio tutta per rassicurare gli italiani circa l’esiguità del’ennesimo salasso. Oppure dobbiamo pensare che abbia perso dimestichezza con le pompe di benzina e che non faccia da un po’ il pieno alla sua auto blu.
Già, perchè chi la decisione di reintegrare i fondi precedentemente tagliati al FUS tramite un aumento delle accise sulla benzina di 1 o 2 centesimi lascia scettici coloro che sono abituati a fare la fila dal benzinaio per almeno due ragioni. La prima è che quello dell’imposizione fiscale sulla benzina è un problema cronico nel nostro paese. La mano dello stato sui carburanti si fa sentire almeno quattro volte. Innanzitutto tramite le accise e l’Iva su di esse. Come hanno scritto Filippo Cavazzoni e Carlo Stagnaro in un paper recentemente pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni, queste due voci pesano 67,7 centesimi al litro sulla benzina e 50,8 centesimi al litro sul gasolio. A ciò occorre aggiungere l’Iva sul prezzo del carburante e la tassazione dei profitti delle compagnie. Per non parlare delle motivazioni dei balzelli. Tra di esse, infatti, resistono inossidabili alcuni contributi straordinari, da quello per la guerra d’Abissinia a quello per la crisi di Suez, da quello per il disastro del Vajont a quello per l’alluvione di Firenze. Non pervenuta la conquista della Gallia, ma c’è ancora tempo.
La seconda ragione che spinge a dubitare della bontà di questo provvedimento è il fatto che esso sia stato adottato in pieno shock petrolifero. La guerra in Libia e i tumulti nel mondo arabo in generale hanno spinto in alto il prezzo del barile fino a 106 dollari. Christophe de Margerie, presidente di Total, parla di benzina destinata ad arrivare a 2 euro e rivela a Le Parisian di ritenere l’evento «ineluttabile». In Italia, nel frattempo, la verde è arrivata ieri a 1,59 euro al litro e il diesel a 1,50 e per ora non sembrano accennare a interrompere la corsa verso l’alto.
Insomma, la mossa del governo aggrava con l’ennesimo balzello un problema già grave e strutturale e arriva nel momento probabilmente meno opportuno. E che diventa ancor meno opportuno ogni giorno che passa. La gente vorrebbe continuare a usare le proprie autovetture. Sarà difficile alimentarle con qualche film sovvenzionato dallo stato.
Riccardo Cursi