Stealing the lightItalia-UK: 1-1

Tom ha 22 anni, viene da Sheffield e studia lingue all'università in Galles. Ha vissuto sei mesi a Torino e se n'è innamorato: "Non capisco perchè la gente sia fissata con Milano quando a Torino pu...

Tom ha 22 anni, viene da Sheffield e studia lingue all’università in Galles. Ha vissuto sei mesi a Torino e se n’è innamorato: “Non capisco perchè la gente sia fissata con Milano quando a Torino puoi avere le stesse cose…ma in un posto che è molto più bello!”, dice. Tom lo conosco passando la notte in aeroporto a Gatwick: io sto andando a trovare i miei, lui sta andando in quella che sarà la sua nuova casa. Dopo l’esperienza al nord e dopo aver fatto amicizia con persone di diverse parti della nostra penisola ha deciso di trasferirsi a Napoli. Trascorriamo la notte a chiacchierare seduti sugli scomodissimi (e molto rari!) seggiolini posizionati tra alcuni banchi del check-in ed i cancelli dei controlli di sicurezza e ci scambiamo impressioni sulle nostre esperienze, pressochè parallele.

In postazione per la notte (foto: Lorenza Frigerio)

Lui l’Italia la ama, ma dice che la maggior parte dei suoi amici pensa che sia pazzo: i Brit, ovvio, non capiscono come possa volersi trasferire in un paese come il nostro, e gli Italiani…lo stesso. E’ questa la cosa che mi fa più impressione, perchè in effetti anche a me è balenato in testa lo stesso pensiero. “Tutti mi dicono che loro cercano di scappare e che io invece ho scelto proprio una città piena di problemi come Napoli; ma sai come si dice, noi nel nord del Regno Unito siamo considerati un po’ come il Sud da voi: siamo quelli che fanno casino, quelli dove le cose funzionano meno, quelli che hanno l’accento più forte. Io sono fissato con i dialetti: vuoi che ti dica qualcosa in napoletano?!”. Tom, a dire il vero, parla un italiano così perfetto da avermelo fatto scambiare per madrelingua, prima che mi raccontasse la sua storia – anzi: le “e” e le “o” tradiscono un accento leggermente torinese. E infatti scopriamo di avere entrambi una passione che è nata prima di tutto dalla lingua: anche per me riuscire ad imitare un accento, una cadenza, un modo di dire è sempre stato parte integrante del mio amore per il Regno Unito. Una sfida, un gioco…non saprei. Gli insegno la parola “caciarone” e lui mi insegna “nash”, una sorta di “essere freddolosi”. Sa benissimo che in Italia ci sono molte difficoltà e non si illude di riuscire a trovare subito un lavoro, ad esempio, ma la prende con filosofia: è difficile ovunque farcela e nessun posto è perfetto. Rebus sic stantibus, meglio stare laddove ci siano sole (soprattutto!), buon cibo e gente sorridente. Non è un ragionamento difficile da condividere.

Allora mi ritrovo a pensare: non sarà che la sindrome da “erba del vicino” è più comune e più influente di quanto possiamo pensare? E, se anche fosse, che male c’è a volersi muovere, a voler esplorare, a voler cambiare? Che la stanzialità ci stia relativamente stretta non è poi un tratto così peculiare della nostra società (post) moderna: da sempre abbiamo visto potenzialità in luoghi lontani, magari sospinti nelle nostre ambizioni dal semplice desiderio di…andare; di poter tornare e raccontare; di essere quelli che hanno scelto di non prendere quello che avevano già davanti.

E così ecco che ci siamo io e Tom che ci scambiamo posto, bilancio in pari, entrambi emozionati al pensiero di ciò che potremo costruire nelle nostre nuove vite. Sono quasi le quattro e mezza del mattino: ci salutiamo lasciandoci l’immancabile contatto su Facebook.

Quel libro mi ha fatto dormire… (foto: Lorenza Frigerio)

Da come mi ha parlato dell’Italia, dal sorriso che gli si accende, dalla totale fascinazione che lo pervade, capisco che paradossalmente lui, in quanto non autoctono, sarà in grado di adattarsi meglio e di accettare anche i difetti che rendono me così insofferente al mio stesso paese. Lui sta diventando un po’ italiano, io un po’ Brit e – come in tutti i veri amori – accettiamo anche le cose che non si sarebbe mai creduto di riuscire ad accettare. Cosa ci si può fare..? Alla fine si scopre inevitabilmente che home is where the heart is.

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