Mercoledì scorso Giulio Tremonti ha lanciato il suo grido di battaglia contro l’oppressione fiscale che grava sulle imprese del nostro paese. Nel corso di un’audizione davanti alla commissione Finanze della Camera, il superministro dell’Economia non si è fatto sfuggire l’occasione di rispolverare un vecchio cavallo di battaglia berlusconiano. «L’oppressione fiscale è eccessiva», ha sostenuto, non soltanto in termini di tasse, ma anche di controlli, ispezioni e adempimenti di ogni genere.
L’iniziativa di Tremonti è lodevole e merita di essere sostenuta. Sappiamo tutti quanto i lacci e i laccioli burocratici che gravano sulle imprese penalizzino la crescita del paese. Pertanto, se il ministro ce lo consente, potremmo fornirgli qualche suggerimento su dove e come operare per correggere, almeno in parte, questa situazione. Innanzitutto, si potrebbe cominciare abolendo il cosiddetto principio del solve et repete, che stabilisce che prima vengano pagati i debiti verso la pubblica amministrazione e solo poi si proceda all’accertamento.
Prima il cittadino paga, poi si stabilisce se dovesse effettivamente pagare. Se poi Tremonti volesse proseguire nella sua meritoria iniziativa, potrebbe attivarsi per abolire l’inversione dell’onere della prova, lo strumento che permette all’Agenzia delle Entrate di avere il coltello dalla parte del manico. Oggi un contribuente sotto inchiesta è considerato colpevole fino a prova contraria e sta a lui dimostrare di aver adempiuto correttamente ai suoi doveri fiscali.
Il passo successivo potrebbe essere quello di eliminare la tracciabilità dei pagamenti, o almeno di elevare la soglia di esenzione dagli attuali 5.000 euro, così da evitare un regime da stato di polizia tributaria.
Per le imprese, soprattutto quelle di dimensioni ridotte, si potrebbe favorire un’assistenza legale a buon mercato, sempre utile per districarsi tra leggi e leggine. Magari abolendo le tariffe minime, reintrodotte dall’ultima riforma dell’ordine forense, così da rendere più concorrenziale il mercato e più facile l’accesso alla professione di giovani avvocati disposti ad accettare compensi minori.
Inoltre, questi imprenditori dovranno pure viaggiare, prima o poi. Potrebbe essere utile, quindi, facilitare loro il compito riducendo i balzelli sui carburanti. Che ne pensa il ministro di eliminare la cosiddetta Robin Tax, che colpisce le compagnie petrolifere e finisce, alla lunga, per essere scaricata sui consumatori? O magari di fermare l’aumento di uno o due centesimi al litro del prezzo della benzina, misura prevista per ripristinare i fondi del FUS? In un impeto liberalizzatore, si potrebbe persino mettere una pietra sopra ai progetti di aumento delle tasse aeroportuali, hai visto mai che qualche imprenditore preferisca sfrecciare nei cieli, invece che sull’asfalto.
Se, infine, si volessero anche invogliare le imprese e i loro dipendenti a servirsi della tecnologia, un piccolo aiuto potrebbe arrivare con l’abrogazione o la riduzione della tassa sull’equo compenso, di recente estesa a tutti i supporti che hanno una memoria fisica, come computer e telefoni cellulari.
Caro ministro Tremonti, siamo con lei. Non dubitiamo della sua buona volontà e, anzi, confidiamo che saprà imporre un cambio di rotta a chi, negli ultimi anni, ha scaricato sulla imprese queste norme fiscali e burocratiche così oppressive.
Come dice? Come si chiama il ministro che le ha scritte?
Riccardo Cursi