Oggi abbiamo iniziato il nostro itinerario nella Milano del Fuori Salone da un’azienda di origine inglese molto interessante. È ormai un punto di riferimento nel mondo del Design, ereditando quello che Cappellini ha rappresentato agli albori in zona Tortona investendo il ruolo di azienda del mobile fresca e innovatrice. Loro si chiamano Established & Sons; quest’anno presentano i loro pezzi al teatro Versace in Piazza della Vetra. La storia di questa azienda appartiene alla recente contemporaneità: appare come un “fulmine a ciel sereno” solo cinque anni fa e immediatamente viene letta come azienda consolidata che opera da anni nel settore. Si presentano sin da subito con una comunicazione molto ricercata e una coerenza impressionante nel raccontarsi. Offrono a catalogo prodotti eclettici sia per matericità che per scelta formale. Gli oggetti presentano finiture di alto livello e i costi sono ai molti poco accessibili. Ogni pezzo sembra un’installazione, incorporando tutto il fascino di un’opera artistica. Ogni anno propongono poche novità, ma ben calibrate per posizionamento e molto interessanti per le soluzioni. Anche quest’anno si riconfermano capaci e molto suggestivi creando desiderio e aspettativa attraverso l’invito esclusivo per inaugurazione. Very established!
http://www.establishedandsons.com/forcehtml/Landing/
Armati come al solito di bicicletta, unico modo intelligente per muoversi a Milano in questi giorni, ci spostiamo in via Friuli per assistere ad un Talk che a noi, in quanto designer attenti, interessa molto. La conferenza/chiacchierata dal titolo Open Design è stata organizzata da Premsela, The Netherlands Institute for Design and Fashion con la collaborazione dell’università Design Academy di Eindhoven.
http://www.premsela.org/en/
Partecipiamo, ascoltiamo e interveniamo attivamente. Al termine dell’incontro, l’evidenza dei fatti, ci conferma ancora una volta che le istituzioni pubbliche e le università di altre nazioni sono molto attente a quello che accade veramente intorno a noi e ne stanno dibattendo apertamente con progetti e conferenze di spessore. Si è parlato e dialogato di progetto, dei temi legati all’autoproduzione, al riutilizzo, all’hacking e allo sharing sempre più integrato in una società che ormai risponde benissimo agli stimoli del web collaborativo 2.0 che da semplice fenomeno si è trasformato in strumento collettivo e che inizia ad essere attuale anche quando si parla di prodotto fisico. Inoltre nella società occidentale, l’industria e i processi produttivi sono spesso dislocati altrove, i servizi sono sempre più importanti, i piccoli artigiani stanno scomparendo, le filiere si stanno accorciando sempre di più, ma soprattutto le persone possono progettare da soli grazie a tecnologie sempre più accessibili. In questo nuovo scenario quale potrebbe essere il ruolo del designer?
Partecipare a conferenze come quella appena introdotta, guardare i lavori delle università che espongono a Ventura Lambrate, osservare l’intuizione del progetto Recession Design alla Fabbrica del Vapore e forse alcuni altri (ci scusiamo per quelli involontariamente omessi ma non riusciamo ad essere ovunque), significa evidenziare attraverso una lettura trasversale un pensiero forte e diffuso che si interroga, proprio durante il Salone del Mobile, sul futuro della progettazione. Si riflette sul modello industriale che potrebbe snellire i processi, divenire più capillare e più “craft oriented”. Ad esempio tutti i progetti legati all’autoproduzione raccontano scenari dove il designer progetta e produce il proprio prodotto per poi venderlo direttamente. Ad esempio gli studenti di Eindhoven ci fanno vedere attraverso un robot acquistato in Cina e modificato da loro come è possibile produrre sedie, sgabelli e quant’altro per poi rivenderli appena finiti. In altri progetti il designer offre precise linee giuda, per facilitare un dialogo con i consumatori e utilizzatori finali incoraggiandoli alla replica, al tuning personale, al cambiare, al migliorare il prodotto in puro spirito open source. Riteniamo che questa sia realmente una possibile piattaforma di dialogo e di progetto e che in termini di community, un domani, riuscirà forse a coniugare attitudini e modi del fare per vendere, costruire e utilizzare/consumare i prodotti in modo diverso e sostenibile.