Dopo l’intervista a Walter Veltroni pubblicata dal Foglio è inevitabilmente ripresa la discussione sul giro di leaders che dovrebbero aprire una nuova stagione per il Pd.
Le dichiarazioni dell’ex segretario parlano chiaro: dopo le elezioni bisogna aprire una discussione sulle sorti del partito. L’intervista, rimbalzata su quasi tutti i media generalisti, è stata incorniciata come una ennesima spaccatura che, a poche settimane dalle amministrative, è sembrata inopportuna, o quantomeno fuori luogo.
Ma in questa ennesima richiesta di riordino del partito si avverte con forza la volontà, il desiderio di ritrovare una leadership forte che, a detta di Veltroni, appare perduta.
Come spesso accade però quando si pone il problema ma non si comprende il fenomeno, in ciò che – giustamente o ingiustamente – viene richiesto da Walter Veltroni è assente una valutazione sul piano analitico, mettendo (un po’ involontariamente) al centro del dibattito un tema che da quasi un ventennio caratterizza la selezione della leadership in Italia.
Il processo di leaderizzazione che ha attraversato il nostro sistema politico ha avuto un periodo embrionale relativamente lungo, fino ad esplodere con tutta la sua forza dopo l’introduzione del Mattarellum e la crisi dei partiti. Un processo che ha perso le sue naturali caratteristiche evolutive per diventare un esercizio di pura retorica, che ha come sfondo le forme del leaderismo più tradizionale.
Il berlusconismo ha inevitabilmente rafforzato tale meccanismo fino al punto di creare una rappresentazione del “capo” che non viene intercettata dagli stili di leadership tanto cari alla sociologia politica moderna. Una mistura di diversi poteri – carismatico, legal-razionale e di autorità – che sul piano elettorale ha raccolto diversi consensi.
Ma davanti a tale fenomeno, per molti versi anomalo perchè può produrre un accentramento autoritario, non si può cercare la soluzione riproducendo lo stesso meccanismo. Infatti, forme di leaderismo e di berlusconismo sono facilmente intercettabili come caratteristica principe in quasi tutti i leaders indicati dall’opinione pubblica come portatori di innovazione politica.
In questo calderone ci finiscono tutti. Da Grillo a Vendola, da Renzi a De Magistris nessuno è escluso.
Un leaderismo come fase suprema al berlusconismo che, a detta di coloro che si occupano di sondaggi, è valutata dagli elettori come un elemento decisivo per vincere le elezioni.
A quanto pare Veltroni questi sondaggi li ha letti, ma più che cercare la cura ha deciso di proseguire verso un difficle quanto deletereo accanimento terapeutico.
1 Maggio 2011