Sono stato in Italia nelle ultime due settimane e mi è stato difficile scrivere di Cina mentre mi trovavo immerso nelle cose italiane. Ci sono cose che sono difficili da esprimere quando sai che si evolvono in tempi così rapidi che quando hai finito di scrivere si è tutto già evoluto. Nel 1990 si usciva, anzi, si era immersi in una società fortemente statalizzata e con radici ancora profonde in un sistema scandito dalla “ciotola di ferro”, del lavoro fisso e del salario garantito, ma dall’efficienza molto bassa e poco competitiva. Ora la Cina è un paese dove vince chi è più preparato e lo stato è presente solo in alcuni settori, quelli strategici. Il paese si trova ormai a essere la seconda economia della Terra, nonostante tutte le contraddizioni. Quali sono le opportunità per l’Italia e per le proprie imprese in Cina? E cosa si dovrebbe fare per non restare indietro come lo è stato fino a ora? Con solo lo 0.4 % degli investimenti complessivi stranieri nel paese, l’Italia è ancora il fanalino di coda nonostante riusciamo ad eccellere in alcuni settori. Perché dovremmo cambiare la situazione? È proprio necessario guardare alla Cina quando alla fine si può andare avanti anche restando in Italia, o nei pressi? Questa è la domanda che mi viene fatta da molto imprenditori Italiani. Io rispondo che non è certo un must, ma se non cambiamo il trend, almeno in alcuni settori della nostra industria, rischiamo di fare la fine della famosa “rana bollita”, cotta lentamente senza accorgersene. Vediamo d’ora in poi cosa sta accadendo in Cina che potrebbe riguardarci. A presto!
15 Maggio 2011