Club HouseEssere giovani. E meritarselo

Ha un volto preciso la vittoria del Leinster in Heineken Cup. E' quello da bravo ragazzo di Jonathan Sexton (nella foto, da MagnersLeague.com), il mediano di apertura della formazione di Dublino ch...

Ha un volto preciso la vittoria del Leinster in Heineken Cup. E’ quello da bravo ragazzo di Jonathan Sexton (nella foto, da MagnersLeague.com), il mediano di apertura della formazione di Dublino che sabato ha strappato di mano la coppa ai Northampton Saints. Alla fine del primo tempo, gli inglesi erano avanti 22-6. Nella ripresa sono stati lasciati a secco e gettati nelle fiamme dell’inferno: è finita 33-22 per gli irlandesi. E di quei 33 punti, 28 portano la firma di Sexton. Negli spogliatoi, all’intervallo, ha tenuto l’arringa che ha risollevato lo spirito dei compagni. Brian O’Driscoll, che è il capitano dell’Irlanda, ha raccontato se sembrava posseduto, indemoniato.

Per chi non ne capisse molto di rugby – e detto in soldoni -, il mediano di apertura indossa la maglietta numero 10 e deve avere il piede buono per calciare in mezzo ai pali le punizioni, le trasformazioni delle mete o i drop goal, i calci di rimbalzo. Sexton contro i Saints ha segnato anche due mete, le due mete che hanno cambiato il corso della finale.

Ha 25 anni, dal maggio 2009 ha fatto capolino definitivamente nelle cronache sportive. Il Leinster doveva vedersela con il Munster, l’altra grande irlandese del gruppo. Il titolare nel ruolo di apertura era l’argentino Felipe Contepomi, non l’ultimo arrivato, che si infortunia. A quel punto l’allora manager Michael Cheika manda in campo Jonathan che senza farselo dire due volte, svolge il compito assegnatogli. E con Contepomi sempre indisponibile, disputò la finale di Heineken di quell’anno contro il Leicester: la truppa arrivata da Dublino si impose 19-16 e dopo pochi minuti, Sexton infilò un drop dalla metà campo, con l’incoscienza dei giovanotti consapevoli del fatto che se vogliono quell’ambito posto, devono azzardare.

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Dopo tutto, Sexton ha il destino segnato. Ha il compito di sostituire Ronan O’Gara, uno che con la maglia della nazionale ha superato quota 1.000 punti e con quella del club, il Munster (guarda che caso, nè?), è oltre i 2.2000. Quando Jonathan è il titolare dell’Irlanda, è scontato che ad ogni calcio sbagliato, i tifosi gli mostrino il fantasma ingombrante di O’Gara (“Lui avrebbe segnato”). Perché è proprio qui il suo destino: sopportare. Levarsi dalle spalle la cattiva prestazione del giorno prima per riprendere al meglio. Andare oltre il placcaggio, come insegnano gli allenatori fin da piccoli. Jonathan è il presente oltre che il futuro, Ronan è il presente che però è anche già il passato. Dopo la Coppa del Mondo di settembre in Nuova Zelanda, le chiavi in cabina di regia finiranno irrimediabilmente a Sexton. Che quel posto, se lo merita. Eccome se se lo merita.

E’ dura per i ragazzi d’oggi, non ci vuole un intelletto sopraffino per rendersene conto. Basta essere coetanei e avere sane aspirazioni nella vita perché senza di quelle, allora non ci sarebbe nemmeno il gusto della sfida. Rischiare, tentare, azzardare, fallire o avere successo. Certo, i punti sono due: da una parte devono concederti l’occasione per mostrare le qualità, dall’altra devi saperla cogliere e conquistare il rispetto. Robe che ti spingono a provare un drop dalla metà campo in finale di Heineken Cup. Se poi dovesse andar male, sbattere sul palo o arrivare corto, comincia a correre e vai a conquistarti un altro pallone.

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