Google e gli altriI giornali assumeranno bravi lettori?

La qualità dell’informazione è dovuta ai bravi giornalisti. Sembra una tautologia, ma l’evoluzione della Rete sembra mettere in discussione anche le verità più accertate. Per chi si occupa di giorn...

La qualità dell’informazione è dovuta ai bravi giornalisti. Sembra una tautologia, ma l’evoluzione della Rete sembra mettere in discussione anche le verità più accertate. Per chi si occupa di giornalismo le trasformazioni di Internet dovrebbero apparire della massima rilevanza, se è vero che da oltre un anno negli USA il 75% del pubblico cerca (e trova) abitualmente le notizie on-line, e che a breve anche l’Europa – e persino l’Italia – seguiranno gli americani in questa evoluzione.

Alcuni segnali dello sviluppo che si sta verificando nella strategia dei magazine digitali emergono dalle considerazioni che Andy Carvin ha pubblicato nei giorni scorsi sul suo profilo di Twitter. Il suo compito come senior strategist è stato quello di interpretare i risultati dell’indagine condotta dalla National Public Radio sui suoi fan di Facebook. Il numero degli utenti che hanno sottoscritto la pagina di NPR supera il milione, e oltre 40 mila di loro hanno risposto al sondaggio lanciato quasi un anno fa sul modo in cui accedono e consultano le notizie. Il 74,6% degli intervistati sostiene di ricorrere a Facebook come fonte principale delle informazioni cui presta attenzione, mentre il 72,3% afferma di contare sulla cerchia degli amici per la condivisione delle notizie che è davvero interessante conoscere e approfondire.

Carvin sostiene che i lettori non hanno perso interesse per le notizie, ma che hanno modificato in modo radicale sia le abitudini di consultazione, sia le piattaforme di accesso. La sua interpretazione segue le riflessioni che provengono dagli esperti di giornalismo elettronico della New York University, dove Clay Shirky sostiene che «there is no such thing as information overload, there’s only filter failure» (non esiste qualcosa come l’eccesso di informazione, ma solo un errore di filtro). Jay Rosen descrive i software che governano le operazioni di curation come strutture che sono in grado di attribuire ad ogni utente un determinato grado di conoscenza dei temi proposti. Le piattaforme di personalizzazione delle notizie funzionano quindi come dei videogiochi, in cui il lettore può superare diversi livelli di competenza, accedendo ad esigenze informative sempre più complesse e sofisticate.

Carvin prevede un’amplificazione del modello tratteggiato da Rosen, dove il criterio della competenza dei lettori si converte in un valore di affidabilità degli utenti quando assumono il ruolo di «condivisori» delle notizie. La preparazione e l’esperienza dimostrata da un lettore su un certo tema si traducono in credibilità delle sue scelte. Il Sistema deve essere in grado di verificare non solo l’intensità delle operazioni di condivisione attivate da ciascun utente, ma anche la sua prontezza nel «testimoniare» gli eventi che appartengono al dominio sul quale sta accumulando esperienza.

Le considerazioni di Carvin, di Rosen e di Shirky tendono a osservare il cittadino come un consumatore di notizie. Con questo punto di vista il lettore deve essere inquadrato come un consumatore da guidare verso la scelta del prodotto migliore; se le testate e i giornalisti si profilano come dei produttori, gli altri utenti possono svolgere il ruolo di opinion leader che si incaricano di giudizi e selezioni. Tocca a loro trasformare la notizia in informazione: il pezzo compilato dal giornalista è un dato di cui l’utente competente stabilisce il grado di utlizzabilità, il modo di applicazione nel quadro della disciplina di cui è esperto, e quindi il valore per la vita quotidiana e per le scelte politiche (nel senso di rilevanti per la vita pubblica) degli altri utenti.

Ma non sarebbe dovuto essere proprio questo il ruolo dei giornalisti?

In qualche misura sembra che questo compito debba essere condiviso con un insieme di altri attori, provenienti direttamente dal pubblico. Un fenomeno simile naturalmente è sempre successo, anche in passato; tuttavia ora la selezione degli intermediari viene affidata ad una piattaforma software, che non risponde ai criteri di responsabilità degli individui, ma anzitutto alle richieste degli investitori. Nella gestione della libertà personale e collettiva, è un passaggio che merita almeno una riflessione.

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