L’esordio di Berlusconi

Abbiamo un'esperienza del berlusconismo ormai lunga quasi due decenni. Ma come stavano le cose quando non ne avevamo alcuna? Alla fine del 1993 si mormorava della “discesa in campo” del Cavaliere. ...

Abbiamo un’esperienza del berlusconismo ormai lunga quasi due decenni. Ma come stavano le cose quando non ne avevamo alcuna? Alla fine del 1993 si mormorava della “discesa in campo” del Cavaliere. Pochi mesi dopo, ecco che vince le elezioni.

Di seguito ripropongo una parte di un mio lungo articolo, scritto per la rivista di geopolitica Limes, uscito a fine 2010. Invito chi avesse voglia di leggerlo a fare lo sforzo di dimenticare tutto quello che abbiamo appreso poi. E’ il famoso “ex ante” degli economisti. Allora non si sapeva che Fini si sarebbe staccato dal PdL (che nemmeno c’era), e neppure che avremmo fatto la guerra alla Libia. Stiamo parlando di un mondo di un Obama, due Bush e due Clinton fa, c’era ancora la Lira e la Germania si era appena riunificata. Opps, dimenticavo, Ruby era appena nata …

Una forza politica non localizzata – Berlusconi l’antemurale dell’Unità d’Italia

Alla fine del 1993 è convocata una riunione presso un centro di ricerca torinese. Si dice subito che le cose che saranno raccontate sono riservate. Curiosità e concitazione. Inizia la riunione, e un politologo liberale espone la sua tesi. Al Nord si ha un movimento che potrebbe trasbordare. La Lega ha un programma confuso che poteva arrivare fino alla separazione del Nord. Al Centro si ha un blocco politico inamovibile, quello della Sinistra. Al Sud, infine, si hanno due forze politiche – la Destra post fascista e la Democrazia Cristiana meridionale, entrambe con un forte radicamento e legate alla spesa pubblica. Il paese non ha una forza politica che possa vincere al Nord ed al Sud ed in questo modo provare a tenere il paese unito. Tutti si guardano in silenzio. Correva allora voce che Berlusconi volesse “entrare in politica”, e quel che era detto in quella riunione sembrava spiegare le ragioni (quelle raffinate, non quelle legate ai vecchietti che guardavano inebetiti i telegiornali di Emilio Fede) per cui avrebbe potuto avere successo.

Come che sia, alla fine Berlusconi si presenta e vince le elezioni del 1994. Panico, in pochi mesi un partito appena fondato arriva a vincere le elezioni celebrate con tutti i crismi. Un partito che non ha una propria classe dirigente. La classe dirigente era composta dai sodali del premier e dai livelli minori dei partiti che stavano scomparendo, la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista. Come faranno costoro ad affrontare i problemi dell’Italia?

Il programma astratto e quello concreto – le riforme liberali di Berlusconi

Il programma di Forza Italia era semplice: la fine dello statalismo, con ciò intendendo un minor intervento pubblico sul fronte delle uscite e delle entrate. Dunque un maggior spazio alla “società civile”. Un programma che si potrebbe definire “liberale”.

Un centro di ricerca economica bolognese doveva pubblicare agli inizi dell’estate del 1994 la propria previsione trimestrale. Come fare per simulare il programma di Berlusconi? Esso, preso alla lettera, migliorava visibilmente i conti pubblici. Bastava, infatti, simulare l’annunciata riforma choc delle pensioni che i conti pubblici in prospettiva sarebbero migliorati molto. Poiché i mercati finanziari anticipano il futuro, essi avrebbero chiesto fin da oggi dei minori interessi sul debito pubblico, a ragione del minor rischio che si sarebbe corso con il miglioramento futuro dei conti dello stato. E i minori oneri finanziari miglioravano fin da subito i conti delle stato.

Ne veniva fuori che un tal Silvio Berlusconi salvava i conti pubblici fin dal suo esordio e, in un certo senso, senza colpo ferire. Una sorta di riedizione dell’”Uomo della Provvidenza”. Era verosimile? In astratto, probabilmente si. In concreto, probabilmente no. Qualunque programma choc migliora i conti pubblici, se calato in astratto in un modello econometrico.

Il mondo reale è però fatto di cose che si possono praticare e non praticare. Che cosa fare allora, si simula l’astratto o il concreto? A simulare solo l’astratto il rischio è quello di fare della propaganda, a simulare solo il concreto il rischio è quello di non scovare i margini di miglioramento che si nascondono fra le pieghe delle cose. La decisione presa fu, alla fine, di presentare il Rapporto di previsione con la simulazione dello scenario astratto e concreto.

Qualche mese dopo, il governo Berlusconi si trovò in difficoltà, perché un suo alleato – la Lega, non accettava la riforma choc delle pensioni. Le pensioni sono in misura cospicua versate al Nord, dove si è avuta per decenni una base industriale che ha consentito ai salariati di cumulare le proprie pensioni. Dunque alla fine lo scenario “giusto” era quello concreto. Lo scenario astratto non era però un evento non verosimile, e, infatti, la riforma delle pensioni fu varata dal governo che seguì quello di Berlusconi.

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