Per definizione, il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare ed esso è regolato dalla Costituzione e le norme che ne stabiliscono le procedure.
Tale strumento, come è noto, con i suoi esiti ha definito i momenti più importanti della storia del nostro paese. Dal voto alla Repubblica fino al sistema elettorale, lo strumento referendario ha inciso profondamente sugli sviluppi sociali e culturali del nostro sistema politico, fino a ridefinirne i tratti strutturali e la relativa gestione delle stesse.
Riflettere sul raggiungimento del quorum è sostanzialmente un esercizio accademico e – diciamola tutta – è un po’ come cercare di predire il futuro.
A tale previsione non sfuggono i quesiti referendari del prossimo 12 e 13 giugno, basta fare un surfing in rete e leggere gli editoriali di autorevoli giornalisti e colleghi per capire che il gioco delle percentuali è già nella sua massima intensione.
Lo scoraggimento verso lo strumento è altissimo per diversi motivi. Innanzitutto perchè il tanto agognato quorum non è raggiunto da oltre sedici anni, inoltre esiste una geografia e una flessione astensionale che è in aumento in tutte le zone del paese, infine vi è un sostanziale oscuramento da parte delle reti televisive nazionali circa l’informazione e la propaganda referendaria.
Nonostante ciò, la convinzione di chi scrive è che il quorum sarà raggiunto senza grosse difficoltà. Ovviamente prendendomi tutte le responsabilità del caso.
Vi spiego il perchè.
Innanzitutto l’ondata di mobilitazione che sta caratterizzando i territori esprime una sostanziale sensibilità dell’opinione pubblica verso le tematiche referendarie poste in essere. Sono centinaia i Comitati comunali, provinciali e regionali che da settimane – pur con l’oscurmento mediatico – fanno attività di informazione e comunicazione civica. Nelle precedenti esperienze referendarie – soprattutto in relazione alla legge 40 – una tale mobilitazione non si era avuta, l’effetto fu una sostanziale spirale del silenzio che porto ad una vittoria dell’astensionismo. E comunque si recarano alle urne oltre 12 milioni di elettori.
In secondo luogo, esiste l’onda lunga delle amministrative che ha un effetto doppio: 1) politico, visto che il gradimento e la fiducia verso il governo è ai minimi storici e che caratterizza il quesito sul legittimo impedimento; 2) di opinione, dovuto alla retorica (nessuno me ne voglia ma esiste questa variabile e il sottoscritto voterà 4 Sì) che gravita intorno ai quesiti sull’acqua e del nucleare e alla sostanziale vittoria del voto di opinione che ha caratterizzato la tornata elettorale delle amministrative.
Infine vi è la questione della partecipazione. Questo elemento è delicato e va trattato con maggiore cura. Negli ultimi anni intorno a concetti come democrazia partecipativa e deliberativa l’interesse dei ricercatori e degli operatori è andato intensificandosi per via delle molteplici politiche ed esperienze di coinvolgimento ed inclusione dei cittadini ai processi decisionali. Potremmo dire che dopo circa dieci anni di pratiche embrionali bottom up oggi assistiamo ad un consolidamento della partecipazione civile e sociale e ad un rafforzamento della cittadindanza attiva, un termine che andrebbe sostituito a quello di società civile troppo abusato e in molti casi strumentalizzato per fini sostanzialmente elettorali.
A detta di chi scrive il quorum non è dunque lontano, anzi, la risposta che avremo il prossimo 12 e 13 giugno non sarà solo l’ennesimo messaggio di sfiducia da parte dell’elettorato all’attuale esecutivo, esso sarà l’evento che più di tutti inciderà sul rapporto tra sistema politico e cittadinanza, più delle esperienze referendarie degli anni ’70 più del terremoto politico dell’inizio degli anni ’90. E avrà caratteristiche inedite verso le quali le strutture intermedie, con a capo i partiti, dovranno fare i conti.
9 Giugno 2011