Google e gli altriDalla ricerca alla cerchia. Google+

Il 28 giugno scorso Google ha lanciato il nuovo servizio Google+ con l’obiettivo di sfidare Facebook direttamente sul terreno del suo core business. Da diverse parti è stata sollevata la domanda se...

Il 28 giugno scorso Google ha lanciato il nuovo servizio Google+ con l’obiettivo di sfidare Facebook direttamente sul terreno del suo core business. Da diverse parti è stata sollevata la domanda se avessimo bisogno di un nuovo social network, come nel sondaggio attivato da CBC. Naturalmente si tratta di una domanda retorica, dal momento che nessuno degli attuali 700 milioni di iscritti a Facebook deve aver avvertito il bisogno di qualcosa di simile alla piattaforma di Zuckerberg prima che venisse realizzata. Secondo un report di BrightEdge citato da più fonti (come VatorNews, ma soprattutto Mashable) l’adozione del social plugin +1 di Google da parte dei siti web ha già superato il pulsante di condivisione di Twitter, venendo accolto dal 4,5% dei domini. Twitter si fermerebbe al 2,1%, mentre il pulsante Like di Facebook sarebbe prossimo all’11%.

Nessuno ha ancora a disposizione qualche statistica sull’adesione del pubblico al lancio di Google+; per chi ha fede nella missione di non essere cattivi dei manager di Mountain View, possono valere le dichiarazioni di Eric Schmidt del 9 luglio, che parla di un trionfo con milioni di accessi alla piattaforma in versione beta. Secondo Paul Allen gli iscritti dopo pochi giorni dal lancio sarebbero già 10 milioni. Nonostante la poca chiarezza sulla definizione di “sito” e sulla scala impiegata nella ricerca di BrightEdge, e l’assenza di informazioni sicure sul successo del lancio del nuovo social network – è chiaro comunque Google è riuscito a trasformare l’uscita del suo servizio in uno degli eventi più importanti dell’anno nel mondo della rete. Questo vale almeno per i nerd come Zuckerberg, che non solo ha compiuto il suo accesso alla piattaforma concorrente, ma è attualmente il personaggio che vanta più followers nelle statistiche ufficiali, quasi doppiando il padrone di casa Larry Page.

Senza dubbio chi aveva bisogno del lancio della nuova piattaforma era proprio Google. Dal momento della presentazione di Google+ il valore delle azioni del Gruppo è passato da 482,80 dollari a 546.6 dollari, con un incremento del capitale finanziario di 20 miliardi di dollari al 7 luglio. Si tratta di una tendenza importante, se si considera che il titolo aveva perso l’11% dall’inizio dell’anno. La crescita è stata frenata da una valutazione di Morgan Stanley secondo la quale Google non riuscirà a monetizzare per i suoi investitori il valore di tutti i nuovi prodotti lanciati in Rete. Questo giudizio sembra non tener conto del fatto che negli ultimi anni la società di Mountain View, tra i protagonisti del mercato dei social media, ha saputo trarre i migliori vantaggi economici dalle sue attività on-line: nel 2010 Google ha realizzato un fatturato di 29 miliardi dalla pubblicità, con un utile di 8,5 miliardi di dollari – contro l’1,86 miliardi di fatturato di Facebook con un utile di 355 milioni, e i 50 milioni di fatturato di Twitter.

Zuckerberg ha dichiarato che il lancio di Google+ rappresenta una conferma della visione del mercato sostenuta da Facebook. Nelle trasformazioni che il più grande motore di ricerca del mondo ha introdotto nel corso del 2011, i criteri di ricognizione sociale della rilevanza appaiono come un cambiamento di primo piano. Facebook “misura” la forza di influenza degli individui sulle loro cerchie sociali tramite il software edge rank, e valuta l’importanza delle pagine web tramite il giudizio che i soggetti, dotati di maggiore o minore leadership nell’orientamento dell’attenzione, manifestano con i like registrati nel sistema open graph. Anche Google ha introdotto un criterio di stima dei contenuti fondato sulla registrazione dei comportamenti e dei pareri espliciti degli utenti, oltre che sulla distribuzione dei link secondo il metodo classico del page rank.

Molti commentatori hanno sottolineato che la killer application di Google+ potrebbe essere il sistema di videochiamata e di conference call, dal momento che i dispositivi di comunicazione sync su Facebook non sono mai stati soddisfacenti. Per questa ragione, nei giorni scorsi Zuckerberg è corso ai ripari cercando un accordo con Skype per lanciare un servizio di videochat. Credo però che uno degli aspetti più interessanti della piattaforma di Google sia il dispositivo di organizzazione dei contatti nei circle. Le cerchie infatti permettono al dispositivo di registrare la struttura del grafo sociale di ogni individuo, nonché la sua evoluzione, sulla base delle dichiarazioni esplicite dell’utente. L’algoritmo edge rank di Facebook cattura questa informazione attraverso il calcolo delle interazioni tra i post degli utenti che hanno stretto relazioni di amicizia sulla piattaforma: la ricognizione avviene quindi “alle spalle” della consapevolezza degli utenti, come risultato delle loro azioni. In Google+ i circle permettono di intercettare le tipologie di rapporti, la loro intensità e i temi su cui si instaurano le interazioni, grazie a etichette che sono attribuite in modo consapevole dagli utenti. L’individuo che usa gli strumenti della piattaforma può raccogliere in cerchie diverse gli amici intimi, i colleghi di lavoro, le conoscenze più remote, i semplici contatti che provengono dal web, i parenti, i compagni di calcetto, ecc.; può rivolgere a ciascuno di questi cluster messaggi di tipo diverso, condividere oggetti differenti, frequentarli con ritmi diversi.

Google in questo modo finisce per raccogliere dalla dichiarazioni spontanee degli utenti ciò che Facebook deduce sulle tipologie di relazioni sociali da un calcolo software – allo stesso modo con cui Facebook ottiene da segnalazioni esplicite le informazioni sulla rilevanza delle pagine web che Google deriva dalle misurazioni di page rank. Le cerchie sono un’applicazione quasi immediata di alcuni concetti essenziali di sociometria: permettono di conoscere la “densità” delle relazioni del grafo sociale, di identificare i ruoli giocati da ciascuno degli attori, di tracciare i flussi di diffusione delle informazioni, i responsabili della loro introduzione, i grandi divulgatori, gli esperti, gli inseguitori. Mostrano la dinamica comunitaria nella prospettiva soggettiva dello sguardo dell’individuo, e allo stesso tempo consentono di mappare con un punto di vista oggettivo la struttura collettiva della rete sociale, verificando la sovrapposizione effettiva delle inclusioni reciproche nei circle. Una conoscenza così dettagliata del contagio delle idee e delle notizie rende possibile, nell’ipotesi più banale, progettare nuove forme di comunicazione pubblicitaria della massima efficacia. Facebook sta già sperimentando opportunità di questo tipo con le storie sponsorizzate, in cui gli utenti influenti sostengono con il loro like marchi e prodotti. Ma la possibilità di monitorare con un simile livello di dettaglio le dinamiche di inoculazione e di viralizzazione delle nuove idee, suggerisce scenari di controllo scientifico della comunicazione di portata molto più ampia.

Siamo solo all’alba di una nuova tecnologia, e di una nuova economia, dell’attenzione e della persuasione.

X