Quando i mercati finanziari hanno più potere

Lunedi 18 luglio. La maggior parte dei commenti sostiene che la manovra di correzione dei conti pubblici è stata bocciata, e viene portata a testimonianza la caduta dei prezzi dei BTP e delle azion...

Lunedi 18 luglio. La maggior parte dei commenti sostiene che la manovra di correzione dei conti pubblici è stata bocciata, e viene portata a testimonianza la caduta dei prezzi dei BTP e delle azioni bancarie. (Le banche hanno una quota notevole di debito pubblico nel proprio attivo e quindi, se questo cade, si riduce l’attivo). Sembra evidente. Eppure non lo è. Almeno, non è così tanto evidente. L’Italia è una cinghia di trasmissione molto efficiente per guadagnare al ribasso sull’Europa, e la cinghia viene sfruttata:

a) Il debito pubblico italiano è «grosso» e liquido, ossia facile da scambiare. b) Il controvalore delle vendite si può spostare negli altri paesi dell’area euro senza passare dal mercato dei cambi. Se passasse dal mercato dei cambi – vendita di BTP contro lira e vendita di lira contro marco – le lire resterebbero intrappolate nel sistema finanziario italiano. Invece, oggi gli euro possono uscire dal circuito finanziario italiano, perché col controvalore dei BTP venduti si possono comprare direttamente i Bund. Esiste, in conclusione, una componente «meccanica» che amplifica i movimenti al ribasso.

Venerdi 22 luglio. I prezzi dei BTP si sono ripresi. Grazie alla decisione presa a livello comunitario, viene meno il succitato meccanismo di amplificazione della caduta dei prezzi delle obbligazioni dei paesi europei messi peggio. Con la possibilità d’intervento da parte di un veicolo comunitario sul mercato delle obbligazioni si può, infatti, bloccare la crisi di liquidità che si crea quando un paese “sotto attacco” è privo di moneta nazionale.

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Per chi fosse interessato agli aspetti tecnici, ecco il ragionamento. Esso è tratto – nell’originale si aveva la Spagna e non l’Italia – da P. De Grauwe, The Governance of a Fragile Eurozone, Aprile 2011. Il ragionamento mostra come i mercati abbiano più potere quando il paese che emette i titoli del debito non abbia una moneta propria.

Si abbiano due paesi, entrambi con una dinamica del debito pubblico “fuori controllo”, ossia con un debito pubblico che cresce più di quanto cresca il reddito nazionale ( = un rapporto Debito/PIL crescente). E si abbia la finanza che vuole uscire dal debito pubblico di questi due paesi.

Nel caso, per esempio, britannico sono vendute – dalla finanza ormai diventata scettica sulle prospettive del paese – le obbligazioni emesse dal Tesoro di Sua Maestà. Il loro prezzo flette. (I rendimenti salgono: le obbligazioni, infatti, hanno la cedola fissa, per cui i rendimenti possono salire solo se il prezzo scende). A fronte delle obbligazioni vendute, la finanza si trova ad avere solo delle sterline, ma non più delle attività finanziarie emesse in sterline. Queste sterline possono essere lasciate in un conto corrente, oppure vendute sul mercato dei cambi per avere, per esempio, degli euro. In questo caso, il cambio della sterlina flette. Dunque prima flette il prezzo delle obbligazioni e poi flette il prezzo della moneta della Gran Bretagna. Se la doppia flessione è sufficiente per attrarre nuovi investitori, si ha che le le obbligazioni sono comprate di nuovo. Se non ci fosse una nuova corrente di acquisti, la banca centrale britannica potrebbe comunque comprare le obbligazioni del Tesoro.

La liquidità resta “imbottigliata” nel mercato finanziario britannico e prima o poi viene impiegata. Le sterline cambiano di mano, ma restano sempre dello stesso ammontare. Non si ha una contrazione della liquidità britannica.

Nel caso italiano sono vendute – dalla finanza ormai diventata scettica sulle prospettive del paese – le obbligazioni emesse dal Tesoro. Il loro prezzo flette. A fronte delle obbligazioni vendute, la finanza si trova ad avere solo degli euro, ma non più delle attività finanziarie italiane emesse in euro. Questi euro possono essere venduti sul mercato dei cambi per avere, per esempio, delle sterline. Il cambio dell’euro flette. Dunque flette il prezzo delle obbligazioni e flette il prezzo della moneta europea e quindi anche dell’Italia. Se la doppia flessione è sufficiente per attrarre nuovi investitori, si ha che le le obbligazioni italiane sono comprate di nuovo.

Si noti la differenza rispetto al caso britannico. Gli euro ottenuti in cambio del debito pubblico italiano possono anche non essere venduti per ottenere altre monete. Essi possono essere impiegati – senza passare dal mercato dei cambi – per comprare il debito degli altri paesi dell’area dell’euro, giudicati più attraenti. Infine, il debito pubblico italiano non può essere comprato dalla banca centrale italiana.

La liquidità non resta “imbottigliata” nel mercato finanziario italiano e perciò non è detto che – come nel caso britannico – prima o poi sarà impiegata in Italia. Gli euro cambiano di mano, restano sempre dello stesso ammontare nell’Europa dell’euro, ma non necessariamente in Italia. La liquidità in Italia potrebbe perciò contrarsi. La contrazione della liquidità spinge – per attrarla – ad offrire dei rendimenti maggiori, ossia ad alzare il costo del debito, anche in presenza di conti pubblici non orrendi.

Ecco allora il pezzo che mancava: l’eventuale intervento in acquisto delle obbligazioni italiane da parte di un veicolo euro-europeo non può “imbottigliare” la liquidità come nel caso britannico, ma almeno la può “fornire”.

La nota si trova anche qui:

http://www.centroeinaudi.it/il-progetto-1/notizie-economiacentroeinaudiit-97/1195-la-caduta-dei-mercati-finanziari-in-italia.html

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