Bussola cineseIkea, Apple, Lv: la voglia di essere copiati

Ecco! E' stato scoperto, un magazzino simil-IKEA nella profonda Cina !Dopo l’ ”Apple Stoer” (scritto proprio così con un grossolano errore di spelling) ci imbattiamo in un altro grosso falso, un in...

Ecco! E’ stato scoperto, un magazzino simil-IKEA nella profonda Cina !

Dopo l’ ”Apple Stoer” (scritto proprio così con un grossolano errore di spelling) ci imbattiamo in un altro grosso falso, un intero magazzino IKEA copiato sotto il nome di 11 Furniture nel lontano Yunnan, a 4 ore di volo da Shanghai.

E’ certamente incredibile quanto sta accadendo a molti grandi marchi e sono certo che eserciti di legali si stiano già occupandosi di questi casi.

A parte il fatto di cronaca che potete leggere sui giornali, vorrei qui analizzare cosa c’è dietro tutto questo, se ne sarò capace.

Mi sembra che ci sia effetivamente una grande sete di brands occidentali, e sono convinto che da qualche parte ci siano altri casi di brand blasonate copiate persino nel design dei negozi e non solo nei prodotti. Assistiamo infatti ad una concentrazione di aziende straniere nelle grandi città costiere mature, lasciando scoperte le città più interne.

In pratica, un cinese che vive a Chongqing dovrebbe prendere un volo, percorrere 2400 km per arrivare a Shanghai e poter acquistare un mobile IKEA o un iPod legale, con ovvi motivi logistici per il primo prodotto.

Questo non giustifica affatto quanto sta succedendo, ma può solo spiegare che pensare di coprire un paese grande come la Cina con un approccio timido e pavido e con pochi negozi, rischia di creare dei fenomeni non voluti e che anche la legge cinese persegue e punisce.

Per darvi un’idea, ricordo che in Cina ci sono 660 città con più di un milione di abitanti e tra pochi anni più di 15 città ne avranno oltre 25 milionii, e proprio Chong Qing è una città che conta già oggi oltre 34 milioni di abitanti e che incrementa la popolazione di 500 mila abitanti ogni anno.

Sono quindi le dimensioni e l’enormità del mercato che dovrebbero far riflettere e la necessità di tarare la propria strategia sulle dimensioni del paese.

Quello che sorprende è che forse ci sono più IKEA attorno a Milano che in Cina, e vi assicuro che quelli di Shanghai vedono circa 80 mila visitatori ogni giorno, in edifici che sono grandi più del doppio di quelli che siamo abituati a vedere in Europa. Ma sono pochi e tutti concentrati dove è più comodo stare, le città della costa. E il resto della Cina cosa deve fare?

In televisione i cinesi continuano a vedere marchi esteri che fanno pubblicità, messaggi che arrivano a centinaia di milioni di persone anche nell’entroterra ma senza avere la possibilità di comprarle. Questo crea spazi di speculazione che iniziano ad essere preoccupanti.

Un tormento che trova risposta in queste iniziative isolate e che secondo la legge cinese potranno essere sanzionate, sempre che i colossi svedesi a americani si siano tutelati registrando anche il loro business like model e non solo il nome e logo. Ma di una cosa IKEA potrà stare sicura: la cura e l’assistenza che gli stores originali forniscono sono unici e non potranno essere copiati così facilmente, e presto o tardi questo fenomeno cesserà.

Essere copiati in Cina spesso scatena sul brand originale un’attenzione che si rivela paradossalmente positiva per il proprio sviluppo. E’ quanto possiamo notare osservando brands tra i più copiati come Louis Vuitton che riesce a fatturare, per esempio, in un solo negozio a Shanghai più di 150milioni di Euro a due passi da un mercatino del falso!

Altra curiosità che emerge da una ricerca effettuata l’anno scorso durante l’Expo, il brand LV è associato all’Italia, patria del Fashion, con grande delusione dei Francesi!

Wal-Mart ha scelto invece di entrare nel mercato cinese in maniera molto aggressiva, commisurando lo sforzo alle dimensioni del paese. Wal-Mart ha in Cina ha 339 mega store in più di 120 città e continua a comprare terreni per espandere rapidamente la sua presenza. Si prevede di arrivare entro il 2015 a 1548 grandi magazzini.

Questi sono numeri a cui si potrà fatica a credere ma è la strategia che permetterà alla casa americana di ottimizzare la logistica e trattare il paese per quello che è, un gigante con 1.4 miliardi di persone da servire e portare prodotti anche americani nelle case dei cinesi.

Come vedete c’è tanta confusione da queste parti, e quello che è sempre consigliabile è di studiare bene l’approccio al mercato, non solo a quello cinese, ma in generale quando ci si deve avventurare così lontano per ricercare le grandi opportunità offerte dai paesi in forte sviluppo e di venire in Cina pensando che esiste un intero continente nel centro del paese che aspetta di sfogare la voglia di shopping e di emergere dalle campagne.

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