Oltre Manica, lo chiamano thistle. E’ il cardo, il fiore di Scozia perché tradizione racconta che quando nell’anno Mille i danesi decisero di invaderla, pensarono bene di procedere di notte nelle campagne levandosi gli scarponi per non fare rumore e finirono in mezzo ai campi pieni di cardi. Le urla dei nemici svegliarono gli scozzesi che respinsero l’attacco e da allora il cardo è stato elevato a simbolo nazionale.
Poi c’è l’inno, Flower of Scotland, composto da Roy Williamson nel 1967 che ricorda la vittoria dell’esercito guidato da Robert the Bruce su quello di Edoardo II d’Inghilterra, nella battaglia di Bannockburn del 1314.
And sent him homeward
tae think again.
Domani, ad Auckland, Scozia e Inghilterra si affrontano nella loro ultima partita della fase a gironi della Rugby World Cup. Gli inglesi guidano la Pool B con 14 punti, gli scozzesi sono a parimerito con gli argentini a quota 10, ma lo scorso fine settimana hanno dovuto incassare una dura sconfitta proprio dai Pumas. Per passare il turno, devono vincere contro i rivali di sempre senza concedere nulla all’avversario.
The Auld Enemies. La nazionale con il cardo e quella con la rosa (poi uno si meraviglia perche in Britannia ce l’abbiano tanto a cuore, il verde dei prati) inaugurarono di fatto la stagione del rugby internazionale. Correva l’anno 1872 e una rappresentativa scozzese ne affrontò una inglese a Calcutta, cuore indiano dell’impero. La Calcutta Cup i due regni se la giocano tutt’oggi quando incrociano le armi nel Six Nations.
Da Nord a Sud, cambia l’isola, ma non cambiano gli intenti. Peccato solo che gli organizzatori del Mondiale abbiano vietato le cornamuse all’interno degli stadi neozelandesi. Altrimenti, sai che concerto…