Mais la question qu’il faut poser est celle de l’indifférence de notre profession à se voir déposséder d’une oeuvre architecturale après le concours. C’est la brutale réalité. L’architecte est lauréat d’une esquisse architecturale et c’est tout. C’est un cas en Europe créant un précèdent comme une jurisprudence. Si mes confrères ferment leur gueule sur le sujet, il ne faudra pas se plaindre demain quand cette situation unique se reproduira.*
Sono le parole di Rudy Ricciotti, l’architetto del nuovo Palazzo del Cinema (con gli italiani 5+1AA), a cui abbiamo chiesto una battuta su questa storia incresciosa. Il concorso si è concluso nel lontano 2005 e oggi a quasi sette anni di distanza non si sa nulla di certo. Intanto al Lido, dopo sette edizioni del festival, al posto del nuovo palazzo c’è un grosso buco. Non è una metafora.
Dove stà allora il problema dell’architettura in Italia? La risposta di Ricciotti è inequivocabile: sono gli stessi architetti, con gli Ordini, il problema, che non si indignano e non fanno qualcosa. E così in effetti, mentre certi progetti legittimati da un concorso pubblico sono fermi forse per sempre, un’edilizia qualunque, opera di architetti forti del potere di firma, dilaga in tutto il paese, in tutte quelle parti d’Italia dove nessuno va a vedere cosa si costruisce. A spese del nostro paesaggio pubblico.
Condividiamo la lettura di Ricciotti. Chi vuole intendere, intenda.
(* La questione che bisognerebbe sollevare è l’€™indifferenza degli stessi architetti per la loro professione. Un progetto viene depredato dopo la vittoria di un concorso. È€™ una realtà brutale, barbara. Si dichiara un architetto vincitore di un concorso sulla base di uno schizzo. Tutto qui. Un fatto unico in Europa che potrebbe diventare un caso della giurisprudenza. Se i nostri colleghi architetti chiudono il becco, non dovranno lamentarsi un domani quando questa situazione così atipica si ripeterà.)