Eta (senza Beta)Lady Gaga e Platone, ovvero: accoppiamenti poco giudiziosi

Una decina di giorni fa è comparso su «Repubblica» un articolo di Marco Lodoli, che invitava a liberarsi dal mito dell’insegnamento governato, come molti vorrebbero, dalla capacità del docente di s...

Una decina di giorni fa è comparso su «Repubblica» un articolo di Marco Lodoli, che invitava a liberarsi dal mito dell’insegnamento governato, come molti vorrebbero, dalla capacità del docente di suscitare emozioni nei suoi allievi. È ora, diceva in sostanza Lodoli (con cui concordo, sul punto, in pieno), di tornare ai cosiddetti fondamentali, di fornire loro gli strumenti utili per sapersi muovere con le proprie forze nel mondo; cominciando, s’intende, dalla possibilità, che dovrebbe essere offerta a tutti, di sapere leggere un testo con le proprie forze (ma il discorso si allargava giustamente anche ad altre discipline, che qui per economia non attraverso). Affrontato lateralmente, ma neanche troppo, era, come giusto, il fatto che anche nella scelta delle letture si dovesse procedere vagliando con attenzione il criterio della effettiva importanza e qualità.
L’intervento di Lodoli mi è tornato subito a mente, per antitesi, nel leggere, sulla versione on line dello stesso giornale (8 settembre), un’intervista di Gino Castaldo al rapper Frankie Hi Nrg (certo per mia colpa a me sconosciuto). Il suddetto rapper precisa: «per trasmettere un concetto di storia o di letteratura ci si può benissimo allacciare alla cultura pop. Un brano di Spinoza può essere capito anche se lo colleghi alla canzone di Tiziano Ferro». Asserzione a suo modo interessante perché, a fil di logica, indica che se da Spinoza (A) ci si collega alla canzone di Ferro (B), Spinoza può essere forse capito (personalmente ne dubito assai, ma lascio la cosa da parte). La frase, nella sua effettiva formulazione, implica però che la direzione inversa, che da B porta ad A, sia destinata verosimilmente a non avere esito positivo, a meno che, naturalmente, non si lasci quel B da parte, e ci si rivolga ad altro mezzo di confronto, effettivamente utile al bisogno. Qualsiasi fenomeno può essere capito meglio se catturato in una rete di rapporti, ma bisogna anche che tali rapporti esibiscano un certo coefficiente di comparabilità. Detto altrimenti, Spinoza, se riesci a spiegarlo partendo da lui (o da problemi effettivamente connessi a quelli da lui trattati), bene, altrimenti sono dolori. Non contento, il rapper (appoggiandosi a un suo testo) infierisce con una bordata micidiale: «per un professore essere ignorante in materia di Lady Gaga non è che poi sia meno grave che essere ignorante su Platone. Meglio saperne di entrambi, mai sputare sulla cultura, anche se bassa. Quanto di Platone c’è in Lady Gaga?» Stavo per stramazzare, travolto dalla vergogna per la mia sostanziale ignoranza di quest’ultima, quando la risposta alla domanda successiva, posta da Castaldo («Quanto c’è di Platone in Lady Gaga?») mi ha ridato fiato: «Diciamo che un professore messo in condizione di poter avere iniziative di questo genere, saprebbe rispondere a questa domanda». Ah, ecco!
Credo che il rapper in questione non inventi, nell’intervista, alcunché di nuovo, anzi si muova furbescamente nella scia di molti. Detto in forma sintetica l’equivoco sta nell’equiparare, in termini di potenzialità formative, fatti di costume a fatti di cultura. Bisogna dire che l’equivoco ha una nascita proprio nel mondo della cosiddetta cultura alta, spesso abitato da personaggi incapaci di arginare il proprio narcisismo (basta che ognuno rivada con la memoria a imbarazzanti interviste a supposti maestri sui temi più insignificanti). Anche qui si tratta di una questione di rapporti e di direzioni. Chi può negare l’importanza dei fatti di costume, strumento essenziale per capire gli umori di una fascia sociale, di una nazione, talora di una aggregazione ancora più ampia? Ma siamo sempre lì. Si tratta, per così dire, di capienza. Se una persona parla intelligentemente di fatti di costume, ciò deriva dal fatto che in essi si sa muovere con la prospettiva giusta, con ricchezza di informazione e ampiezza di sguardo, tutte cose che, doti naturali a parte, si costruiscono in anni di faticose letture. Ancora una volta, solo A permette la giusta lettura di B, non viceversa.
Se torniamo ai fondamentali, di cui parlava Lodoli, potremmo anche smascherare subito gli usi truffaldini (a dir poco) che spesso vengono fatti di testi capitali della nostra civiltà; il che è anche, incidentalmente, un fenomeno di (mal)costume che si può analizzare, ed esporre alla più severa accusa di falsificazione. Faccio solo due esempî: qualche anno fa, Marcello Dell’Utri è andato in giro a far rappresentare l’Apologia di Socrate, accostandola, neppure solo implicitamente, alla propria nota vicenda giudiziaria (conclusasi poi con la sentenza di colpevolezza per concorso esterno in associazione mafiosa). Non so se Lady Gaga, ma certamente molti ricordano come si chiude quel celebre testo, e quale sia la sorte di Socrate; il quale, pur di non andare contro le leggi dello Stato, che devono sempre regolare l’individuo (non viceversa), sapendosi innocente, accetta la condanna a morte, perché l’ingiustizia si può patirla, non farla. Lo sfruttamento impudicamente attuato da Dell’Utri, in altre parole, rovescia il significato di quanto scritto da Platone e testimoniato da Socrate. Cosa direbbe Dell’Utri se noi, riferendo a nostro modo, e capovolgendo quanto ha più volte ribadito, gli attribuissimo l’affermazione che lo stalliere Mangano (da lui definito «eroe» per aver taciuto di fronte ai giudici) si è comportato da mafioso allorché, chiamato in tribunale a riferire dei suoi rapporti con lui e con Berlusconi, ha taciuto? Dell’Utri farebbe bene a limitarsi a catechizzare gli aderenti ai Circoli del Buongoverno, e a non avventurarsi in testi che non conosce o che, peggio, camuffa sfacciatamente. Ancora: il presidente del consiglio, naturalmente pro domo sua, ha attribuito a più riprese ad Erasmo cose che Erasmo non ha mai detto. Lo legga, e ne avrà conferma (solitaria, s’intende, non lo dichiarerà in pubblico; temo, neppure in privato).
In conclusione, appunto: ricominciamo dai fondamentali, cioè dalla lettura accurata e approfondita dei testi. Saranno loro ad aprirci la mente, permettendoci di dire cose che prima neppure supponevamo possibili: ma non certo ciò che è impossibile attribuire loro.

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