Il tabellino di marcia è stato rispettato. Perché dopo la vittoria sulla Russia, è arrivata quella sugli Stati Uniti (che detta così, pare di essere alle prese con un qualche conflitto mondiale). L’Italia domenica affronta l’Irlanda nel match da dentro o fuori la Rugby World Cup 2011, ora che è come se ci fosse appena arrivata. Dieci punti in classifica (quattro per ogni vittoria più i due di bonus per aver marcato quattro o più mete), contro i tredici degli irlandesi: la matematica non è mai stata una opinione e dunque i conti si fanno subito.
C’è chi scende in campo any given Sunday, per gli Azzurri ce n’è in palio una sola per coronare il sogno di accedere per la prima volta ai quarti di finale. Al di là che è già tempo di promesse (tipo: giuro che se si passa, comincio a iniettarmi birra nelle vene ancora prima di mezzogiorno), occorrono alcuni particolari. La calma, che si sa essere la virtù dei forti. La concentrazione, altra essenza del rugby come possono esserli i placcaggi. La determinazione, perché senza si rimane sui blocchi di partenza. La disciplina, dal momento che regalare calci di punizione ad una nazionale che sa mirare ai pali con Jonathan Sexton o Ronan O’Gara (soprattutto quest’ultimo) è il modo peggiore per suicidarsi. Il sostegno, elemento imprescindibile, materia che si insegna subito ai ragazzini alle prese per la prima volta con una palla ovale.
Simple minds, please. And simple things. E ottanta minuti di battaglia.