A settembre l’annuncio, lapidario, pubblicato online sul sito ufficiale: Michael Stipe e soci hanno deciso di «smettere di essere una band».
Così, a pochi mesi dall’uscita del loro ultimo album “Collapse into now” (marzo 2011), i Rem abbandonano all’improvviso la scena musicale mondiale dopo trent’anni di grandiosa carriera. Ringraziano i fan, gli amici, e quanti siano mai stati raggiunti e toccati nel profondo dalla loro musica. Si congedano, e lasciano al loro pubblico appassionato un’eredità di ben quindici album di altissima qualità musicale e di un’originalità che non conosce paragoni tra i contemporanei.
Davvero una brutta sorpresa, quella della separazione, ma che allo stesso tempo è prova della grande onestà intellettuale e artistica che ha da sempre contraddistinto Stipe e colleghi all’interno del panorama musicale contemporaneo. Una decisione obbligata, quella di ritirarsi, per chi è consapevole di aver detto ormai tutto e di non aver più nulla da aggiungere alla schiera di emozioni e all’ispirazione continua profusa in questi lunghi anni.
Così, nonostante sia difficile da accettare per quanti li abbiano da sempre ascoltati, ascoltati nuovamente, capiti, apprezzati e seguiti con inguaribile entusiasmo e voracità, per Michael, Mike, e Peter è ineluttabilmente giunto il «momento giusto per andarsene».
Del resto, l’ultimo autentico capolavoro prodotto dalle parti di Athens risale ormai al lontano 1998 (anno in cui vide la luce Up).
Ai fan della band rimasti con l’amaro in bocca, insomma, non resta che attendere il prossimo 15 novembre: Michael Stipe e soci hanno deciso infatti di salutare gli afecionados con un ultimo disco: “Part Lies, Part Heart, Part Truth, Part Garbage 1982- 2011”, una raccolta di quaranta tracce, tra i The best of e pochi pezzi inediti.
Il primo singolo tratto dal disco s’intitola “We all go back to where we belong”: un pezzo vagamente pop che segna una sorta di “ritorno al futuro” per il gruppo.
Il brano è accompagnato da due cortometraggi diretti dallo stesso Michael Stipe e dal regista Dominic DeJoseph. Le due versioni, una al femminile che vede come unica protagonista l’attrice Kirsten Dunst (Virgin suicides, Melancholia), e una al maschile incentrata sul poeta newyorkese John Giorno, sono chiaramente ispirate ai Ritratti in movimento, gli Screen Tests filmati da Andy Wharol tra il 1964 e il 1966 alla Silver Factory.
Ma nulla da fare, a quanto sembra, per chi sperava di poterli ascoltare nuovamente dal vivo. Tradite infatti le aspettative di chi attendeva l’annuncio a sorpresa di un ultimo grande tour mondiale, per ritrovare insieme sul palco i Rem non resta che sperare in una reunion, magari a fianco del candidato democratico in occasione delle presidenziali 2012.