A Clichy-sous-Bois, 15 chilometri a nord-est di Parigi, dove nel 2005 si accese la miccia delle rivolte nelle banlieue francesi, il futuro della Francia si decide nello spazio di cinquecento metri di strada, intorno a due tavole.
Da un lato, la mensa della scuola elementare pubblica Henri Barbusse. Dall’altro, i fast food musulmani che da anni, uno dopo l’altro, prendono il posto l’uno dell’altro sempre allo stesso indirizzo, qui sotto: il 13 di Allee Gagny.
La raffigurazione canonica vorrebbe la prima tavola, rappresentante dell’unità laica nazionale, come sempre più in difficoltà di fronte all’avanzare della seconda, bandiera di un rancoroso orgoglio identitario da parte dalla comunità di origine africana.
Eppure, in tutto questo, c’è un terzo attore, inatteso e improbabile, che contribuisce a rendere la situazione un po’ meno manichea, e anche soltanto per questo più aperta alla fiducia: il McDonald locale. Che si trova giusto a metà strada tra la scuola e il 13 di Alle Gagny.
E’ vero che in città, dove il 77 per cento dei giovani è di origine non francese, “la credenza religiosa islamica è più strutturante della credenza repubblicana”, scriveva Le Monde un paio di giorni fa, commentando un recente studio accademico realizzato dal sociologo esperto di banlieue, Gilles Kepel.
“Come se l’islam si fosse sviluppato in assenza della repubblica, non in opposizione ad essa. Come se i valori islamici avessero riempito il vuoto lasciato dai valori repubblicani. Come credere ancora, in effetti, alla République?”, scrive il più autorevole quotidiano di Francia, accostando la domanda al dato che illustra come la speranza di vita nei quartieri metropolitani più disagiati (tra cui Forestiére, qui sotto) sia di cinque anni più bassa rispetto a quella del centro di Parigi. E forse può dire qualcosa anche l’epidemia di tubercolosi, scoppiata negli istituti elementari nelle ultime settimane.
“Imparare a mangiare insieme alla tavola scolastica è uno dei modi di apprendimento della futura convivialità alla tavola della République“, dice Kepel, commentando il fatto che sempre più genitori, a Clichy, scelgono di non mandare i propri figli alle mense scolastiche. Il principale motivo sono i menu, del resto pubblicati in bella vista sul sito della municipalità: non abbastanza halal, cioè conformi al dettato religioso.
Questo, per Kepel, è un preoccupante segnale di allontanamento, visto il cambiamento rispetto alla generazione precedente. Quando i genitori di oggi erano ancora bambini, i loro genitori, immigrati di prima generazione, li spedivano alla mensa con la semplice raccomandazione di non mangiare la carne di maiale. (Qui sotto, il cortile della scuola Henri Barbusse)
Nel settembre 2005, soltanto un mese prima dell”inizio delle rivolte, il NYT rendeva nota al mondo l’esistenza del Beurger King di Allee Gagny, che giocando tra “burger” e “beur” (slang per “arabo”) proponeva un menu rispettoso di tutte le regole religiose in materia alimentare. Gli affari andavano bene, tanto che il manager del negozio, nell’intervista, dichiarava tra i suoi piani la prossima apertura di 30 punti vendita in franchising in tutta Francia.
Così capitò che qualcuno, in particolare dopo i disordini dell’autunno, pensò di scorgere dietro a quelle vetrine l’incontrovertibile segno del destino del Paese: del suo futuro disgregato.
Ma poi, cos’è successo? Buerger King, che sembrava puntare a un mercato identitario, non ce l’ha fatta. Ha chiuso nel 2007. E ha abbassato le serrande pure il suo successore Wesh Burger (King du halal). Rispetto a Google Street View, fermo a quest’ultima insegna, Le Monde ci aggiorna che al 13 di Allee Gagny è aperto oggi il negozio di crêpes Jaja comedy. Ancora halal, certo. Così è qualche centinaio di metri più a nord che dobbiamo guardare, per trovare una nota diversa.
“Durante le sommosse del 2005, mentre gli incendi coinvolgevano tutta la città, il ristorante fu risparmiato”, ricorda Le Monde parlando del McDonald di Clichy-sous-Bois, principale luogo di ritrovo del quartiere di Forestiére. E’ qui che ancora oggi si incrociano gli studenti, i giovani, le famiglie, e pure i poliziotti delle Brigade anti-criminalité, insomma tutti, senza distinzione di identità di ogni sorta. “Ha giocato un ruolo innegabile sul mercato del lavoro locale”, aggiunge Keppel, che parla di oltre un migliaio di persone impiegate dalla sua fondazione. E si permette una mezza bestemmia, definendo l’odiato simbolo della globalizzazione americana come un luogo di “integrazione quasi repubblicana”.
Daniele Belleri