BridesheadRendersi ridicoli e perdere la sovranità

Si può ridicolizzare così facilmente chi non si sia già reso ridicolo? La domanda, nel caso di Silvio Berlusconi, non è affatto fuori luogo. Difficile immaginare che un altro capo di governo europe...

Si può ridicolizzare così facilmente chi non si sia già reso ridicolo? La domanda, nel caso di Silvio Berlusconi, non è affatto fuori luogo. Difficile immaginare che un altro capo di governo europeo subisca il trattamento che Sarkozy e la Merkel hanno riservato al nostro Presidente del Consiglio. Se non altro perché non ci sono altri capi di governo europei che si siano lasciati andare così spesso a comportamenti poco ortodossi in contesti che richiederebbero sobrietà e senso della misura. Basterebbe ricordare un paio delle trovate cui abbiamo assistito in questi anni – per tacer del resto – per dare una risposta negativa alla domanda che ci siamo posti. Se Berlusconi non si fosse più volte reso ridicolo in passato con i suoi patetici tentativi di risultare simpatico, Sarkozy e la Merkel non l’avrebbero ridicolizzato così facilmente. Offendendo anche tutti noi. Fa bene dunque a indignarsi per come siamo stati trattati il nostro ministro degli esteri, ma ancora meglio avrebbe fatto se avesse trovato il modo di ricordare al suo leader che una riunione di capi di governo non è una convention di Publitalia.

Ciò detto, lasciamo da parte la figuraccia, e proviamo a ragionare sull’esito della riunione di domenica scorsa e su ciò che essa lascia intravedere per il futuro dell’Euro e dell’Unione Europea. A quanto pare, la via d’uscita individuata da Francia e Germania passerebbe attraverso l’istituzione di una politica comune di bilancio che si tradurrebbe in una rinuncia, da parte dei paesi che la accettano, a una gestione autonoma del debito pubblico. Come hanno notato diversi osservatori, questa è la contropartita che i paesi che ci metteranno la maggior parte delle risorse chiederanno a quelli che sono maggiormente indebitati per continuare a sostenerli economicamente. La cosa appare ragionevole. Prima di concedere ulteriormente credito, si pretende dal debitore un impegno credibile a gestire in modo responsabile le proprie finanze. Tuttavia, è bene ricordare che non stiamo parlando di rapporti tra privati. L’autonomia finanziaria è una delle prerogative della sovranità, e perderla non è privo di conseguenze dal punto di vista politico. Se ne sono accorti immediatamente gli inglesi, che hanno approfittato di questa occasione per porre il problema di un ripensamento complessivo della distribuzione dei poteri tra Bruxelles e i paesi membri dell’Unione, lasciando intendere che potrebbero chiedere di rientrare in possesso di diritti cui il parlamento britannico aveva rinunciato a favore delle istituzioni comunitarie. Chi controlla la spesa comanda, sostengono gli inglesi, e questo modifica sostanzialmente l’equilibrio su cui si è retta fino ad ora la cooperazione sia tra i paesi che hanno aderito alla moneta unica sia tra quelli che, pur facendo parte dell’Unione, hanno scelto di conservare la propria divisa nazionale.

Può darsi che, al punto in cui siamo, il nostro paese non possa fare altro che accettare le condizioni imposte da Francia e Germania per tirarci fuori dalla situazione in cui ci siamo cacciati. Ma lo stato di necessità non dovrebbe precludere una discussione politica sulle conseguenze di lungo periodo della nuova architettura istituzionale che si delinea all’orizzonte. Tentare di far passare un mutamento così significativo nella natura stessa della nostra forma di governo come una soluzione tecnica neutrale per un problema di contabilità pubblica sarebbe grave. Sopratutto alla luce di quel che sta succendo in Grecia, e che potrebbe accadere anche altrove se il rimedi proposti per la crisi si rivelassero inefficaci. Le istituzioni europee non hanno una legittimazione democratica paragonabile a quella dei parlamenti nazionali, e quindi non sono affatto in condizione di reggere alla tensione che un malcontento generalizzato nella popolazione di uno dei paesi membri potrebbe generare. L’illusione razionalista di sostituire l’amministrazione delle cose al governo delle persone potrebbe innescare reazioni che la fragile struttura che comincia a prender forma per affrontare la crisi non sarebbe in grado di sostenere.

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