C’era una volta la borsa.
Si parlava, l’altro giorno, proprio su questo giornale, di Goldman Sachs, banca d’affari che suscita, in molti, paura e timore, se non suggestioni antiche di complotti massonici. È inevitabile, quando si parla di denaro (di TANTO denaro), che un alone come di leggenda circondi personaggi, spesso immersi in una dimensione di mistero e ambiguità.
È successo a Cuccia, in passato. Vale anche per Jim O’Neill. Con un approfondimento filosofico di notevole spessore, il professore Massimo Amato affronta la questione del denaro in un suo testo dal titolo emblematico: L’enigma della moneta.
Ma chi c’è dietro il lato oscuro della Borsa? Sono argomenti poi così nuovi?
E’ interessante, in questi giorni di passione, ripercorrere, come già fatto su Newton, i felpati passi della finanza nel corso della storia.
Tutto sommato, qualche cosa di molto simile alla borsa esiste sin da quando si parla di denaro.
O di pecunia.
L’etimologia stessa della parola pecunia (da pecus) è assai indicativa: le pecore costituivano, infatti, in un mondo agricolo, la base degli scambi commerciali.
Di fatto la finanza si fonda sulla velocità di circolazione delle merci: chiaro, dunque, che la borsa si sviluppi di pari passo proprio con l’apertura dei commerci verso rotte sempre più internazionali.
Nel primissimo Medioevo, è l’Italia settentrionale a farla da padrone.
William Cely, a fine ‘400, scrive: “C’è pochissima lana di Cotswold a Calais, e risulta che l’hanno comprata i Lombardi in Inghilterra”.
Per Lombardi s’intende, con una connotazione spesso negativa, gli italiani delle regioni settentrionali, ma anche i toscani. Si tratta di mercanti, spesso privi di scrupolo, che girano la Gran Bretagna a cavallo, mostrandosi a volte più ricchi di quello che sono effettivamente, e acquistando grosse partite di lana, per esempio, con pagamento a termine. Essi portano, poi, la merce nelle Fiandre per rivenderla con lo sconto del 5 per cento e prestare il denaro ricevuto agli stessi inglesi, con credito a usura.
La filosofia del denaro che ispira queste persone é semplice: fare girare vorticosamente ducati e zecchini per trarne il massimo profitto.
Quando si parla, oggi, di pressioni speculative sul debito pubblico greco, la logica non è poi così nuova come possa sembrare.
Con il fiorire delle signorie, Firenze e Venezia diventano le piazze finanziarie più importanti d’Europa: Firenze, con i Medici, funziona da banca e collettore di denaro (lender of last resort?); Venezia, invece, con la sua flotta mercantile, é la sede della borsa internazionale dell’epoca.
Il nome stesso di borsa arriva da una famiglia veneziana, i Della Borsa.
L’instabilità dei corsi monetari spesso causa perdite ai trafficanti e, per sfuggire a tali pressioni e per seguire, probabilmente, il volume del traffico commerciale che, con la nascita degli Stati moderni, va spostandosi verso il centro e nord Europa, i Della Borsa migrano in blocco scegliendo una patria nuova: Bruges nelle Fiandre, dove cambiano nome in Van der Burse.
E’ l’Olanda, allora, con un impero coloniale fondato sulle compagnie mercantili, il nuovo centro propulsore del sistema economico internazionale, insieme con l’Inghilterra che acquista un peso viepiù maggiore: Amsterdam e Londra, dunque, si trasformano rapidamente nelle piazze finanziarie più battute dell’epoca.
Londra, in particolare, é un santuario della mediazione finanziaria, con sede, guarda caso, in Lombard Street.
Moltiplicandosi i mercati per la ricerca di finanze, necessarie per sostenere le imprese e i traffici commerciali, si diffondono anche regole sempre più precise: sui modi della mediazione creditizia e commerciale, per la fissazione dei prezzi, per l’assegnazione di noli, per la concessione di prestiti, per il rilascio di fedi per il pagamento, per il tasso di cambio e la quotazione delle cambiali.
Nascono le prime società per azioni, fiduciarie delle compagnie mercantili (su tutte, la Compagnia delle Indie Occidentali).
La febbre delle azioni coinvolge ormai tutti i paesi, inclusa la Francia.
Questo paese, in particolare, offre spazio all’intraprendenza degli speculatori. La nascita della Compagnie d’Occident, per sfruttare le risorse della Louisiana e del Mississippi, con il monopolio del tabacco e dell’avorio, richiede ingenti risorse finanziarie.
Alla Borsa di Parigi, vengono venduti i primi contratti a premio: le azioni di una compagnia valgono, in apertura, un certo ammontare, e vengono acquistate in blocco.
In breve il prezzo si gonfia toccando un picco, prima del crollo inevitabile.
Si trattava delle prime bolle speculative, fenomeno ancora oggi sconosciuto, per molti versi, alla teoria economica.
La Borsa di Parigi diviene la Wall Street dell’epoca con Napoleone Bonaparte.
Sotto il profilo giuridico, l’imperatore si gioca la carta dell’esportazione dei principi innovatori dell’89 in ogni angolo d’Europa. I codici della legge civile e penale, in senso moderno, nascono proprio grazie all’impulso bonapartiano.
La Francia, insomma, detta letteralmente legge e costituisce il punto di riferimento per la regolamentazione anche dei mercati finanziari.
In questa cornice, però, a essere decisive sono ancora le grandi famiglie: tra di esse, e ciò ha avuto un’influenza particolarmente importante sul risorgimento italiano, un ruolo di primo piano fu recitato dai Rothschild.
Una famiglia di banchieri giunta da lontano, di origine ebrea-tedesca, con un cognome inventato grazie a un vecchio antenato, che aveva fatto fortuna costruendosi una casa vistosa su cui spiccava l’insegna di uno scudo rosso (Rot Schild); una famiglia numerosissima, ramificatasi e diventata fondamentale per le sorti delle più importanti città europee: Vienna, Parigi, Napoli, Londra.
Emblematico l’esempio di Nathan Rothschild, passato alla storia per la “speculazione di Waterloo”. Nel giugno 1815, Nathan intusce che l’imminente scontro tra Francia e Inghilterra segnerà la fine di uno dei due contendenti; per questo, invia sul campo di battaglia veri e propri informatori per ottenere tempestivamente informazioni sulle sorti del conflitto.
Qui la storia si fa leggenda, con il mito dei piaccioni viaggiatori che aggiornano Nathan sul risultato del conflitto, ora dopo ora. Quello che è certo è che un’imbarcazione continua a fare spola tra le due sponde della Manica, permettendo al banchiere, in ultima istanza, di venire a sapere della vittoria di Lord Wellington con un giorno d’anticipo sul corriere ufficiale.
Sfruttando il vantaggio informativo, Nathan si precipita in borsa e dà ordine di vendere i bond inglesi: terrorizzati, i risparmiatori, credendo che Rhotschild avesse avuto in anticipo la notizia della vittoria di Bonaparte, cedono le loro azioni mentre, nella sala, collaboratori del banchiere riacquistano i titoli medesimi a un prezzo stracciato (quando sentite di dark pool o Sigma X, fateci un pensierino).
Il profitto é gigantesco e la storia segue le dinamiche che conosciamo. Insider trading, selezione avversa, azzardo morale: la storia della finanza non è poi così cambiata negli ultimi 200 anni…