Dal punto di vista dei mercati finanziari, la giornata di ieri passerà alla storia come una delle più variabili ed imprevedibili. Il differenziale fra i titoli di Stato italiani e Bund tedeschi -conosciuto meglio come spread- ha toccato due volte i picchi di 496, in prima mattinata e verso la chiusura dei mercati. E’ scivolato in basso cedendo oltre 30 punti, nel momento in cui circolava la notizia delle dimissioni del premier, poi smentita in serata. Sempre verso le 11e30 Piazza Affari osservava un incremento dei titoli, schizzando in su di oltre 4 punti, e gli unici indici che non coglievano di buon occhio le dimissioni del primo ministro erano Mediaset e Mondadori, che poi una volta appresa la smentita intorno alle 13 hanno di colpo iniziato la risalita.
Solo qualche giorno è passato dal G20 di Cannes, dove si è discusso soprattutto della crisi greca, il cui default oggi è stimato al 90%, nonostante gli aiuti vari e le dimissioni del premier socialista Papandreou. La speranza è che da qui a breve, non si debbano riunire nuovamente i vertici internazionali per continuare a monitorare la situazione italiana. Situazione che come sappiamo, non è delle più rosee. Le banche italiane fanno fatica a rinnovare i loro acquisti, e il ministero dell’Economia incontra ancora maggiori difficoltà nel sostenere il suo debito. Come anche sottolineato ieri da Linkiesta (http://www.linkiesta.it/mario-draghi-banca-centrale-europea) potrebbero non bastare i continui aiuti della Bce, perchè i titoli decennali superano la soglia del 6,6%, idem quelli con scadenza 5 anni, valutati intorno al 6,7% .
Considerando che bisognerà collocare sul mercato oltre 300 miliardi di titoli pubblici, di cui 160 in scadenza tra 6 mesi, bisogna tornare ad essere credibili agli occhi dei mercati finanziari. Ed a quanto pare, l’unica soluzione possibile è un cambio di rotta al vertice del consiglio dei ministri; ancora oggi, il nome che riscuote maggiore successo, non solo in Italia è quello dell’economista Mario Monti, con il Wall Street Journal che inserisce anche l’ex premier Amato tra i papabili alla successione.
Un’ultima considerazione sull’ipotesi del default italiano, circolata ieri con insistenza in rete. Sappiamo benissimo che il debito pubblico si avvia progressivamente verso i 2mila miliardi e che la crescita del Pil a stento arriva all’1% (quando andiamo bene); ma bisogna anche essere a conoscenza del fatto che Bankitalia stima in 8mila miliardi la ricchezza delle famiglie italiane, di cui 5mila in immobili. Ebbene applicando una patrimoniale abbastanza corposa, si potrebbe immediatamente tagliare una bella parte del rapporto debito/pil, in modo da scongiurare il pericolo di seguire le orme di Grecia e Argentina (di qualche anno fa). Il problema è che l’attuale maggioranza semmai la volesse applicare, cercherà il metodo più lieve per applicarla, in modo da recuperare solo le briciole da una risorsa che potrebbe, invece, mettere veramente i conti pubblici in regola.