Siamo alla fine? Chi si fosse interrogato sulle motivazioni della caparbietà con cui Silvio Berlusconi si è rifiutato fino a oggi di prendere in considerazione l’ipotesi di dimettersi può trovare una risposta tra le righe delle cronache di queste (ultime?) ore di vita del suo governo. Come si legge sul sito di un quotidiano, il premier «sarebbe a colloquio con i figli Marina e Piersilvio e con il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, per consigliarsi con loro sul prosieguo dell’esperienza di governo». A distanza di quasi venti anni dall’inizio della sua avventura in politica, l’attenzione di Berlusconi per gli interessi del gruppo di aziende che ha fondato rimane molto alta, fornendo una chiave di lettura niente affatto secondaria delle sue scelte come leader politico.
Se le cose stanno in questo modo, e mi pare difficile dubitarne, non credo che le dimissioni da capo del governo segnino la fine dell’esperienza politica di Berlusconi. C’è troppo in gioco perché sia immaginabile che il capo del PdL abbia intenzione di ritirarsi a vita privata. Magari dedicandosi alla redazione delle proprie memorie o all’organizzazione di quelle feste eleganti che tanto hanno contribuito a indebolirne l’immagine all’estero. La partita a questo punto si sposta sulla scelta del successore. Che deve essere qualcuno disposto ad ascoltare la voce che viene da Palazzo Grazioli per poter contare sull’appoggio del premier uscente e di coloro – e non sono pochi – che gli rimangono fedeli.
Se Berlusconi riuscisse a guidare la propria successione, l’ipotesi di un governo Letta sarebbe la più probabile. Avrebbe anche dei vantaggi dal punto di vista dell’attuale Presidente del Consiglio, perché gli consentirebbe di non prendersi la responsabilità delle scelte impopolari che a questo punto appaiono inevitabili, riservandosi di intervenire – presumibilmente dietro le quinte – per tutelare ciò che gli sta a cuore prima di ogni altra cosa. Rimane da vedere se l’ipotesi favorita da Berlusconi è anche quella che avrebbe maggiori possibilità di successo, rassicurando i mercati e guadagnandosi l’ampio sostegno parlamentare senza il quale non è immaginabile che si possa uscire dall’angolo nel quale ci troviamo in questo momento come paese. Le opposizioni, e in particolare il Partito Democratico, avrebbero tutto l’interesse di puntare i piedi, chiedendo una soluzione che segni una reale discontinuità rispetto al gruppo dirigente del PdL e dell’attuale governo. Se ci fosse una presa di posizione sufficientemente netta di una parte considerevole del parlamento contro l’ipotesi Letta – e contro altre dello stesso segno, come quella di un governo presieduto dal presidente del Senato o da Angelino Alfano – la responsabilità di un mancato accordo cadrebbe interamente sulle spalle di Berlusconi. Lasciando maggiore spazio di manovra al Presidente della Repubblica nell’ispirare una soluzione parlamentare della crisi.