Non c’è crescita senza...“Non c’è crescita senza…infrastrutture e liberalizzazioni” | Massimo S. Brunelli

Terza puntata dell’iniziativa de Linkiesta “Non c’è crescita senza...”, tre domande su come far tornare a far crescere l’Italia inviate a professionisti, uomini d’impresa, docenti universitari e po...

Terza puntata dell’iniziativa de Linkiesta “Non c’è crescita senza…”, tre domande su come far tornare a far crescere l’Italia inviate a professionisti, uomini d’impresa, docenti universitari e politici. Risponde Massimo S. Brunelli, amministratore delegato di IDeA Fimit Sgr. Quali sono le prime due cose da fare? Quali sono gli ostacoli? Quali settori dove l’Italia può essere leader? Negli anni ’50 l’Italia cresceva a ritmi cinesi, negli anni ’70 a ritmi tedeschi e negli ultimi vent’anni senza ritmo. Mai come ora è chiaro che occorre correre ai ripari anche perché al crescere del Pil cala il debito pubblico. Ma cosa occorre fare?

1) Di provvedimenti per favorire la crescita ce ne sono diversi, ma a suo parere quali dovrebbero essere le prime due cose da fare subito?

La prima: un’estesa serie di liberalizzazioni (commercio, professioni, trasporti; rette universitarie e reclutamento universitario).
La seconda: un massiccio programma di investimenti pubblici (strade, scuole, porti, tav)

2) Che ruolo deve avere in questo senso lo Stato? Deve limitarsi a fornire al mercato le regole di cui ha bisogno per funzionare al meglio o deve intervenire direttamente? Se la risposta è la seconda, in che modo dovrebbe attuare questi interventi e in quali ambiti?

Lo stato stia fuori dall’economia. Regole e relativo rispetto delle stesse, si; intervento diretto, no.

3) Quali sono i settori su cui l’Italia deve puntare per uscire dalle secche? Perché questi e non altri?

Non vi sono particolari settori su cui puntare, anche se settori come la chimica (dove le aziende italiane sono ritornate in posizione di leadership) le macchine utensili (dove coniughiamo estro a tecnologia), alimentare (Barilla, Ferrero, Parmalat e relativo indotto), turismo (dove siamo nani e mediocri nonostante la fortuna del Bel Paese). Non sopravvalutiamo la moda (crea ricchezza per i suoi imprenditori, molto meno per il paese in termini di tecnologia e posti di lavoro).

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