Quinta puntata dell’iniziativa de Linkiesta “Non c’è crescita senza…”, tre domande su come far tornare a far crescere l’Italia inviate a professionisti, uomini d’impresa, docenti universitari e politici. Risponde l’economista Matteo Ferrazzi. Quali sono le prime due cose da fare? Quali sono gli ostacoli? Quali settori dove l’Italia può essere leader? Negli anni ’50 l’Italia cresceva a ritmi cinesi, negli anni ’70 a ritmi tedeschi e negli ultimi vent’anni senza ritmo. Mai come ora è chiaro che occorre correre ai ripari anche perché al crescere del Pil cala il debito pubblico. Ma cosa occorre fare?
1) Di provvedimenti per favorire la crescita ce ne sono diversi, ma a suo parere quali dovrebbero essere le prime due cose da fare subito?
Per far ripartire la crescita bisogna subito eliminare alcuni privilegi e rigidità (ordini, licenze, costo della politica), dotare il paese di infrastrutture, attirare cervelli dall’estero, e far lavorare all’unisono imprese e università. Ma tra i vari provvedimenti ve ne sarebbero due che potrebbero essere quasi a costo zero e attuabili in poco più di una settimana.
Entrambi hanno a che fare con l’Istruzione:
1) far sì che i concorsi universitari siano trasparenti e non “pilotati”, e renderli appetibili per i ricercatori esterni e per quelli stranieri;
2) fornire due o tre canali televisivi in chiaro interamente in lingua inglese, e renderli appetibili in particolare per un pubblico di bambini ed adolescenti. Il terzo provvedimento, con un costo minimo, sarebbe quello di rendere il paese totalmente coperto dalla connessione wireless (gratuita).
2) Che ruolo deve avere in questo senso lo Stato? Deve limitarsi a fornire al mercato le regole di cui ha bisogno per funzionare al meglio o deve intervenire direttamente? Se la risposta è la seconda, in che modo dovrebbe attuare questi interventi e in quali ambiti?
Lo stato non deve essere troppo invadente, ma non può abdicare nel fornire i beni pubblici: istruzione, sanità, infrastrutture. Il debito purtroppo ci condanna a dover accettare un intervento dello stato sempre meno risolutore.
3) Quali sono i settori su cui l’Italia deve puntare per uscire dalle secche? Perché questi e non altri?
L’Italia deve puntare su quelle imprese e settori che esportano e vanno all’estero. Il manifatturiero italiano è il “grande malato” e ha bisogno di supporto. Servizi avanzati, istruzione, sanità potrebbero al contempo divenire dei settori appetibili per i consumatori dei mercati emergenti. Turismo e vocazione umanistica devono rimanere importanti.