Per la seconda volta in venti anni la politica devasta il sistema economico e chiama in salvataggio i tecnici. Perché non ci sia una terza volta il CTU (Consulente Tecnico di Ufficio) Monti, dovrebbe chiamare dei consulenti tecnici di parte (CTP) che lo aiutino a definire la pace (e non solo un armistizio) tra parti sociali e tra generazioni.
Cosa c’è di puramente tecnico nel compito che aspetta Monti? Semplice, almeno a dirsi: assicurare 300 miliardi nei prossimi due anni per mettere in sicurezza il debito pubblico. Per fare questo potrebbe utilizzare tecniche simili alla proposta di Eurobond che Monti stesso ha lanciato a livello europeo. La strategia di fondo dovrebbe essere introdurre una distinzione (di forma o di sostanza) tra i nuovi 300 miliardi ed il vecchio debito, in modo da finanziarli al tasso privo di rischio.
Ogni altro passo al di là di questi esercizi di ingegneria finanziaria implicherà invece scelte politiche. Ma l’ingegneria finanziaria sarebbe soltanto un palliativo, e riconsegnerebbe alla politica un campo di gioco ancora devastato e sporco. Affinché il lavoro di bonifica sia duraturo, la tecnica deve lavorare con la politica. Da un lato, deve illustrare alla politica le scelte, ed i costi: in questo paese dovremo poter discutere di cosa vogliamo che sia pubblico e cosa vogliamo che sia privato, ed il costo che ci aspetta per ogni menù che scegliamo. Dall’altro lato, i tecnici dovrebbero coinvolgere la politica nel lavoro di bonifica del sistema economico: le iniziative in favore della concorrenza e della trasparenza e la redistribuzione del carico fiscale tra fattori produttivi e rendita richiederanno il sigillo della politica, perché questa riconosca che questi rimarranno i limiti del proprio campo di intervento.
Per questo, Monti chiami alla vicepresidenza i Letta, o chi i partiti scelgano in loro vece. E, se fossi in lui, chiamerei senz’altro il vecchio dei due, per aggiungere due segnali. Il primo: che non ci saranno accanimenti da fine di regime (anche se chi scrive è fermamente convinto che sia finito un regime). Il secondo: si riconosca e dia valore al gesto unilaterale di rinuncia fatto da Letta, per far sì che la propria candidatura non fosse di ostacolo al benessere generale: si tratta dello stesso gesto che avevamo invocato da Grilli, quando la vicenda della nomina a Governatore lacerava l’immagine del paese, e che Letta ha fatto, in maniera naturale, ora che in questo paese già lacerato non se l’ aspettava (quasi) più nessuno.