Q&A with Timbutu Labs (in Italian)
Below is the first in a series of “interviews” or Q&A sessions with founders of various startups. Somtimes they are founders I know and sometimes not (and I will disclose whatever relationship I may have with them). Here is how it works: I send out a list of questions to those founders and they send back written replies (in Italian, if they prefer). They can answer whatever questions they want and those replies are then published without being edited.
We start with Timbuktu Labs (http://timbuktu.me/) and the replies from their founders, Elena Favilli and Francesca Cavallo.
Here are a few important things that they do not tell you in their Q&A. First, they have a product in the market. It has received the coveted 5-star rating in the Apple App Store. This is significant. They have won numerous startup competitions and received quite a bit of press (see for example, Forbes online at http://www.forbes.com/sites/robertobonzio/2011/11/11/a-touch-to-learn-with-timbuktu-first-ipad-magazine-for-kids/).
I first met the Timbuktu team when I was a judge in the Mind the Bridge Startup Bootcamp in September and then I was assigned as their mentor to help them prepare for the VentureCamp earlier this month (November 2011).
Your Experience
Tell me about your best experience and you worst experience with your startup.
L’esperienza peggiore è stata quando il team di sviluppatori con cui stavamo lavorando al progetto ci ha lasciato a terra. Sono stati dei giorni davvero difficili perché avevamo programmato l’uscita del magazine dopo un mese, ma tutto è poi andato per il meglio perché siamo riusciti a trovare delle persone più competenti e affidabili. Di esperienze belle ce ne sono state tantissime. Svegliarsi la mattina e leggere negli alert di Google che il tuo progetto è stato recensito da Wired, da Mashable, da PBS… non è male! E poi è bello affrontare delle sfide che non avresti mai pensato di poter vincere e andare avanti. Dà un’enorme fiducia in se stessi.
How did you find your team?
Ci siamo incontrate a teatro diversi anni fa. Quando Elena ha iniziato a lavorare a Timbuktu ci siamo rese conto che era un progetto sul quale i nostri interessi e le nostre competenze si intrecciavano e si completavano, così abbiamo deciso di lavorarci insieme. Abbiamo trovato il nostro programmatore, Alberto Sarullo, seguendo su Twitter una comunità di developer che sta sperimentando con HTML5 e ObjectiveC. Gli illustratori che abbiamo coinvolto nel primo numero di Timbuktu vengono da una rete internazionale di contatti che abbiamo costruito nel tempo grazie alla nostra passione per il design e i picture books. Gli attori e i musicisti invece vengono dalla rete di contatti della comunità teatrale a cui appartiene Francesca.
Your Startup
Tell me what your company does.
Facciamo prodotti editoriali digitali per bambini. Attraverso le nostre app portiamo nel consumer market per la prima volta i metodi di educazione più avanzati del mondo. How long did it take you to come up with the idea for your product? Circa sei mesi da quando abbiamo capito che quello che volevamo fare era un magazine su iPad per bambini.
You got your product out to the market really fast. How did you do it?
Veramente non è stato così veloce! In realtà dai primi incontri con il team di Working Capital all’uscita del primo numero di Timbuktu sono passati circa otto mesi. Abbiamo investito molte energie sul progetto, perché ci diverte moltissimo. Lo abbiamo fatto accanto ad altri tre lavori, quindi ci abbiamo messo un po’ di più di quello che volevamo! Lavoravamo al progetto in tutti i momenti liberi, la sera, nei week end e durante le vacanze.
Did you consciously follow the “Lean Startup Movement?”
Diciamo che ci siamo trovate ad avviare una “lean startup” prima di conoscere questo nome. Nel corso del lavoro con Timbuktu abbiamo scoperto Eric Reis e abbiamo iniziato a studiare le esperienze di altri imprenditori che erano passati dalle nostre stesse difficoltà e dai nostri stessi dubbi. È stato molto utile.
The Italian Startup Scene:
Do you think that the Italian Startup Scene is genuine (i.e., is it “real”)?
Sì, pensiamo che sia sincera. Riflette allo stesso tempo un desiderio forte di cambiamento di questo paese, e la delusione di tutti quei talenti che le grosse e medie aziende mortificano con la logica del “ringrazia Dio che ti ho preso, ce ne sono 100 là fuori pronti a fare lo stesso per la metà dei soldi”.
Do you think that it will continue to grow and how long will it last?
L’Italia ha molte caratteristiche che potrebbero renderla un paradiso per le startup: gli italiani hanno una certa propensione al rischio, un clima perfetto, un approccio creativo alle cose, la capacità di pensare collegamenti nuovi, diversi poli universitari di eccellenza. Il problema è che a livello sociale c’è ancora poca mobilità e questo si riflette drammaticamente nell’economia dell’innovazione. I creativi molto spesso invece che rivolgersi al grande pubblico si rifugiano nelle loro elite e non sono disposti a “scendere a patti” con il capitale e l’industria. Questi ultimi diffidano della creatività che negli ultimi anni è stata additata come una forza aprioristicamente nemica dell’establishment.
L’economia dell’innovazione crescerà e si rafforzerà in Italia a patto che si intervenga su questi elementi strutturali che sono sociali, culturali ed economici. Inoltre, un fattore di estrema importanza è una gestione oculata e sapiente dei fondi destinati al mezzogiorno. Un’Italia in cui la fuga dei cervelli e il corporate drain dal mezzogiorno non vengono affrontati con serietà e competenza non riuscirà ad operare come un sistema davvero orientato all’innovazione.
What do you think are the structural issues that are limiting startups?
Un limite è senz’altro dato dall’assenza di un quadro normativo che favorisca e coltivi un’imprenditoria sana, giovane e innovativa. I problemi sono molti e vanno dalla esagerata burocrazia a un quadro fiscale decisamente non incoraggiante. Il fatto che in Italia venga tassato soprattutto il lavoro dà come immediata conseguenza una minore mobilità sociale, perché ostacola il lavoro e favorisce il patrimonio. Ci sono poi anche dei limiti culturali. I giovani laureati talentuosi in Italia non cercano naturalmente le startup, ma le grosse aziende che possono dare più certezze. Da questo punto di vista la cultura dell’impresa sembra ferma agli anni sessanta. Noi pensiamo che sia compito soprattutto delle istituzioni – scuole e università in primis – investire in questo cambio di tendenza.
Are there any startups you would like to highlight?
Ci piace molto Stereomood, che consente di scoprire musica nuova navigando le playlist per stati d’animo. È un bel prodotto con un grande team. Un’altra realtà interessantissima che è partita con un premio di 25mila euro del programma “Principi Attivi” della Regone Puglia è la Blakshape Aircraft. Fanno gli aerei ultraleggeri più veloci del mondo e sono diventati in 2 anni tra le prime cinque aziende aeronautiche del Paese per capitalizzazione. “Principi Attivi” ha fatto un gran lavoro in Puglia da questo punto di vista. Hanno capito che per innovare davvero bisogna rischiare ed essere disposti a dare fiducia a un gran numero di progetti, aspettandosi che ce ne siano anche solo alcuni, particolarmente forti, che ripagano l’investimento generale.
What is it about Silicon Valley that makes startups want to go there? Do you think they are right?
La Silicon Valley è un acceleratore naturale perche ci sono moltissime persone che convergono lì da ogni parte del mondo per realizzare progetti d’avanguardia nel campo delle nuove tecnologie. Ma non si tratta solo di questo: la grande forza della Valley sta nella capacità di fare rete e dunque di far crescere esponenzialmente questo capitale di conoscenza. È un approccio che, se adottato sinceramente, potrebbe far crescere moltissimo anche l’ Italia.
The way I see it, Italian startups could benefit more from seed and angel size investments at the moment. Obviously, they will need follow-on financing but what do you think?
Senz’altro noi abbiamo incontrato più VC che angels in Italia. Il modello lean non sembra molto popolare tra gli investitori che abbiamo incontrato finora, quindi sì, forse ci sarebbe bisogno di più seed e più business angels.
What are the exit strategies?
Probabilmente per le exit strategies al momento bisogna guardare soprattutto all’estero. In Italia i grandi gruppi sono molto poco propensi all’innovazione, ma questo potrebbe anche tramutarsi in un fattore positivo. Se volessero entro pochi anni assorbire realtà più piccole per portare avanti l’innovazione dei prodotti e delle strategie, anche l’Italia potrebbe diventare un buon posto dove fare exit interessanti.
(Full Disclosure: As noted above, I was assigned to be a mentor for Timbuktu to help them prepare for their participation in the Mind the Bridge VentureCamp. I receive no compensation from Timbuktu.)
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