E io ora dovrei aspettare fino al 29 gennaio? Che le premiere vadano in fiamme, non si scherza così, sotto Natale.
Luck. Una sola parola che riassume la fortuna di chi ha già visto il pilot. E che chiude tutto lì. Facciamo finta che non ha abbia quel cast lì, con Dustin Hoffman, Nick Nolte, Dennis Farina, Kevin Dunn, Richard Kind, solo per dire. Prendiamoci in giro, su, e fingiamo che quelle tre lettere H, B e O non ci dicano niente di niente. E’ un giochetto facile: la solita serie, il crimine, i soldi, il sesso… Macché! Tralasciando che per ora sesso non se n’è visto, questa è arte seriale. Si parla di cavalli e corse, e scommesse. Non ne capite niente, lo so. Manco io. E debbo premettere che solo il biliardo notturno sulle tv private mi spegne il cervello come un’ammucchiata equina in movimento. Però poi ti imbatti in Luck, e i gusti ti si rivoltano contro. Grande fotografia, dialoghi che non si perdono mai in spiegoni tecnici (che pure ce ne sarebbe il bisogno) e in bocca a Hoffman diventano poi ortica. E poi c’è la puzza d’alcol e di sfiga. E quella è fisiologica. C’è la veterinaria che infila un braccio nel culo del puledro, e noi capiamo che se non fa la cacca sono cacchi. C’è il futuro campione, il vecchio ubriacone, il manager cacaglio. C’è il genio giocatore. C’è sudore e demoni. Ci sono gli uomini perduti, quei tipi che hanno sputtanato una vita appresso alla scommessa. C’è rancore, un po’ di mafia che spunta qua e là. S’intuisce che il canovaccio è destinato a crescere. Non c’è niente di scontato da subito, qualcosa s’intravede, ma ce la facciamo piacere. Non l’avevano mai raccontata questa periferia umana e animale, e difficilmente se la possono giocare meglio di così.
E io ora dovrei aspettare un mese e mezzo per attaccarmi a Luck? No, non si fa così, dai, siamo a Natale…
15 Dicembre 2011