Corrono tempi duri per i cinema in Italia, anche per quelle particolarmente belle, e centralissime. Sono forse spazi difficili da mantenere, convertire, riempire di gente, ripensare? O forse essendo spazi meno banali, convenzionali, qualcuno, sbagliando, pensa che non siano più indispensabili alla vita di una città moderna. Forse basterebbe immaginarne un uso ulteriore, combinato ad altre micro-funzioni, anche vista la loro capacità e dimensione. Un programma ibrido che funziona a diverse ore del giorno, in diversi periodi dell’anno. Non sarebbe male.
Pipilotti Rist, celebre artista svizzera, chiamata dalla Fondazione Nicola Trussardi e dal suo curatore Massimiliano Gioni, ha trasformato il Cinema Manzoni di Milano in una enorme creatura vivente, sfavillante, mescolando cinema e televisione, allucinazioni e immagini ad alta definizione. Una nuova pelle di proiezioni luminose ha rivestito ogni superficie, piccoli e grandi ambienti, dai bagni alle scale, al bar, al foyer, ai vetri delle rare aperture.
La mostra ha chiuso da poco, lo scorso 18 dicembre e se ve la siete pers forse forse è un peccato; potrebbe esser stata l’ultima opportunità per visitare questo gioiello d’architettura d’interni, chiuso dal 2006 ( mentre sotto al foyer è ancora attivo il Teatro Manzoni, per spettacoli di grande richiamo…)
Anche a vederli anche così, come qui sotto, nudi e crudi, senza spettacolo e senza arte contemporanea, questi spazi sono davvero sorprendenti, d’altri tempi, ma tutti da desiderare anche oggi, davvero unici e per nulla invecchiati. Difficile accettare l’idea che nessuno trovi delle soluzioni, o si muova per trovare delle risorse, delle idee per sfruttarne le potenzialità.
Probabilmente mancano come spesso solo buone idee, una diversa creatività imprenditoriale, prima ancora dei soldi, che sono spesso un’alibi per non investire e non rischiare; allora meno male che ci sono certi soggetti privati che per amore dell’arte fanno immaginare altri modi di far vivere questi spazi grandiosi.
Sarà un ulteriore segno della decadenza, oppure di un’epoca che è passata? Forse dovremmo anche noi, come i soliti, dire che il futuro dei cinema sta nei multisala decentrati, dove la visione del film, lo spettacolo vero e proprio, è solo il pretesto per un pacchetto di servizi dedicati al consumo spiccio di sostanze e beni svariati, solo apparentemente accessori: ristorazione, intrattenimento, shopping, chilling out, etc.
Noi restiamo dubbiosi, anzi sospettosi. In altri paesi i vecchi cinema sono l’icona di una città, e in molti casi sono tuttoggi in funzione. Invece che essere oggetto di curiosi interventi di restyling ad opera grandi firme (Metropol?), o stravolti da fantasiose riconversioni, sono salvaguardati semplicemente mantenendoli in funzione, senza banalizzare oltre ai contenuti anche il contenitore!
Magari associando all’uso originario altre attività, anche molto alla moda oggi in giro per il mondo, che possono funzionare in simbiosi e ne possono garantire la sopravvivenza per quello che sono. Perché non aprirli a tutte le ore del giorno e della notte, insediando nuove funzioni? Perché non fare lì grandi spettacoli e costruire un’offerta culturalmente attraente e variegata? O ancora meglio ospitare manifestazioni legate al cinema…
Con gli architetti che girano, ogni progetto di recupero o di conversione non può che snaturare l’originale, soprattutto se questi gioielli, nella migliore delle ipotesi, diventano multisala, in qualche caso dei megastore, o altre bizzarrie commerciali, quando potrebbe restare così per sempre, offrendoci una bellezza da vivere per una volta intoccata dal tempo, e dai tempi…