Stavolta sì. Stavolta J.J.Abrams è andato dritto al punto. E si è fatto beffa di Spielberg. Stesso posto nel palinsesto americano che era spettato a Terra Nova, il lunedì in prima serata, ma uno share del 10% più alto rispetto alla serie che ha trasportato la famiglia Shannon indietro nel tempo di 85 milioni di anni. Alcatraz c’è. Funziona. Ma non sono solo gli ascolti a dircelo (10 milioni di spettatori per la prima puntata) ma un pilot che viaggia, nonostante alcune pecche. Sì, ridicolo che la task force pronta a indagare sul mistero dei misteri che circonda la leggendaria prigione di Alcatraz sia in mano a una ragazzetta biondina (Sarah Jones) che si atteggia a donna vissuta e che il partner sia uno scrittore di fumetti che fatica a sopportare la vista del sangue. Ridicolo anche che per due puntate, fatta eccezione per Jorge Garcia (“Hurley” di Lost), nessuno sia così stupito del fatto che i criminali scomparsi nel 1963 dalla prigione non siano invecchiati nemmeno di un giorno. Pecche non da poco, direte. E invece chissenefrega. Passano tutte non in secondo, ma in terzo, quarto e quinto piano perché la potenza dell’immaginario visivo di Alcatraz ha la meglio.
Chi c’è stato, chi ha avuto modo di andare a visitare The Rock, il famoso penitenziario nella Baia di San Francisco, sa di cosa sto parlando. In questo gli americani sono bravi, bravissimi, nel pompare storie, costruire “miti”, ricreare l’atmosfera giusta. E Alcatraz è così: risveglia tutto quel sottobosco di storia americana di cui la cinematografia si nutre e si sazia. In questo pilot c’è tutto: ci sono i criminali dei criminali (che poi è Dexter), il carcere duro (che poi è Oz), l’evasione impossibile che forse diventa possibile (Prison Break), i misteri “temporali” (The 4400).
E’ mai scappato qualcuno da Alcatraz? Dicono di no, eppure i corpi di alcuni fuggiaschi non sono mai stati trovati. Mangiati dall’oceano, dicono, perché da The Rock nessuno se ne va vivo. Ma anche del Titanic del resto dicevano che era inaffondabile. Eppure.
Abrams è bravo e gioca le carte giuste: le citazioni, i riferimenti che poi costellano tutte le sue produzioni, non mancano nemmeno qui. Cobb, il criminale che tiene banco nella seconda puntata, il cecchino che spara a grandi distanze e che si è allenato uccidendo corvi, sembra richiamare quel Robert Stroud, celeberrimo criminale di Alcatraz, forse uno dei più noti prigionieri a The Rock, conosciuto con l’appellativo di Birdman, per la sua fissa per gli uccelli. Le basi sono gettate e l’immaginario mitologico di Alcatraz, icona del carcere duro e dell’evasione impossibile, è pronto a essere riscoperto, sgretolato. Potrebbe finire male, certo. Il regista non è nuovo a trame troppo intricate che ammaliano ma che non portano da nessuna parte (riusciremo a capirci qualcosa, prima o poi, di Fringe?) ma forse non è quello che conta. Il successo di Lost, serie rivoluzionaria, spartiacque della nuova televisione, lo dimostra. Amato all’inverosimile nonostante le delusioni, i falli, gli scivoloni delle ultime due-tre (ma anche quattro) stagioni. E’ la testimonianza che quando si tirano in ballo icone (l’isola deserta) e grandi temi (la fede in qualcosa di più grande) e si sanno orchestrare con maestria tutto il resto non conta. Puoi metterci anche fumi neri che uccidono a caso, puoi far viaggiare i protagonisti avanti e indietro nel tempo e va tutto bene.
Alcatraz ha tutte le carte in regola per sfondare proprio perché The Rock è intrisa di mitologia e di cultura statunitense e come tale pervasa da quell’atmosfera magica, quasi impalpabile (anche grazie, va detto, alle musiche di Michael Giacchino) e dannatamente misteriosa. Che piace.
Tutte le immagini: @Alessia Barbiero – San Francisco, Alcatraz