Ricomincio dal vinoElogio della torbidità

Avete mai bevuto un vino che aveva tanto fondo, che era un po' torbido, che aveva delle particelle in sospensione, che aveva la camicia nella bottiglia? Io cerco di bere solo vini così. E, da quand...

Avete mai bevuto un vino che aveva tanto fondo, che era un po’ torbido, che aveva delle particelle in sospensione, che aveva la camicia nella bottiglia? Io cerco di bere solo vini così. E, da quando sono reperibili i succhi di mela torbidi, non filtrati, li ricerco e quelli limpidi non mi piacciono più tanto. Se poi trovo un succo di ananas che non è da concentrato, e sta nel banco frigo, la mano parte in automatico e finisce nel carrello. E dire che costa un botto!
Potrei andare avanti con gli esempi, ma ci siamo capiti.
Nel processo che, già a partire da parecchi decenni, ha portato l’offerta di alimentari dall’artigianale all’industriale, sono state codificate delle caratteristiche organolettiche naturali dei prodotti come difetti.
Perché?
Non è sempre chiaro. Ma sicuramente un succo non da concentrato è meno stabile, e non è un caso che vada nel frigo. E questo è un rischio, dal punto di vista industriale. E allora eliminiamolo.
Il fondo nel vino è considerato fastidioso, oltre che antiestetico.
C’era pure la leggenda che facesse male!
Niente di più falso.
Esistono vini che vengono fatti secondo una tecnica antica di rifermentazione in bottiglia (pensate ai lambrusco, a certe barbera, agli ortrugo, a certi gutturnio, o bonarda vivaci…) che prevede che nella bottiglia vengano lasciati i lieviti naturali del mosto, ancora in piena vitalità, oltre al vino ancora un po’ dolce. Quando si alzerà la temperatura, magari perché la primavera è alle porte, i lieviti faranno ripartire la fermentazione trasformando gli zuccheri residui in alcool e bollicine (anidride carbonica).
Sarà poi una scelta quella di lasciare tutto nella bottiglia o eliminare le parti solide sboccando la bottiglia e ritappandola, come si fa con gli champagne.
Niente di più genuino!
E un vino rifermentato in questo modo manterrà spesso un’anima irriducibile, una vitalità, che lo farà cambiare nel tempo e nel bicchiere quando si deciderà di aprirlo e goderselo.

Per i rossi, quelli seri, che devono invecchiare, è consigliabile non filtrare. Perché questo impoverirebbe il vino.
E allora capiterà che le bottiglie vecchie, spesso le migliori, presentino un eccesso di materia, una parte solida.
A volte si crea uno spesso film che va ad aderire alle pareti della bottiglia e che tradizionalmente viene chiamato camicia.
Alcuni inorridiscono. Io fremo di piacere. Per me vuol dire vino genuino!
Facciamo finta che il vino sia figlio di una gestazione. Sì avete letto bene: come un cucciolo.
Allora la bottiglia è un po’ un utero!
E cosa tiene in vita il feto nell’utero?
La placenta!
La placenta è una copia esatta del feto, dal punto di vista genetico, e svolge importanti funzioni metaboliche per il feto.
Ecco per me la camicia nella bottiglia è un po’ come una placenta del vino. Lo conserva, lo aiuta a mantenersi vivo.
E ne è una sua copia genetica.
Ho avuto la fortuna di bere bottiglie che avevano quaranta, cinquant’anni e vi assicuro che avevano tanto fondo e delle camicie bellissime.
Senza questi attributi penso che non sarebbero sopravvissute così a lungo!
In foto un nebbiolo del 1983, bevuto di recente.

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