È con «viva e vibrante» (©Crozza) preoccupazione che leggiamo il comunicato della Corte costituzionale che annuncia la decisione di non ammettere le due richieste di referendum abrogativo sulla legge elettorale del 2005.
La Corte infatti, in questo modo, chiude la strada maestra per evitare che si torni per la terza volta a votare con una legge denigrata dal corpo elettorale, aspramente criticata dall’intera comunità degli studiosi e ripudiata dagli stessi partiti (Forza Italia, AN, Lega Nord e UDC) che con tanta protervia la approvarono nell’inverno del 2005.
E sotto un certo profilo lo scoramento aumenta poiché altre vie non se ne vedono: del resto, nell’intera storia della Repubblica solo due volte le Camere hanno, senza una spinta referendaria, modificato la legge elettorale per le politiche ed entrambe le leggi hanno ben meritato l’appellativo di “truffa” o di “porcata”.
Infine, l’esito positivo del referendum ci avrebbe fatto “tornare in collegio”: e i collegi uninominali sono probabilmente il miglior modo per garantire la “vicinanza” tra elettori ed eletti, senza ricorrere a quello strumento fonte di tanta corruzione che è il voto di preferenza.
Nonostante tutto, però, continuiamo a ritenere che la Corte abbia fatto bene a bocciare i due quesiti. Ha fatto bene perché ha agito da giudice e non da legislatore; ha ritenuto di voler seguire i propri precedenti in materia e ha resistito alla tentazione di dare una sterzata per il “bene della Nazione”. Non ha inseguito le sirene dei media, che tra l’altro suonavano una musica dolce, ma ha ascoltato le fredde e meno seducenti regole del diritto .
E i precedenti era costanti nel negare che l’abrogazione per referendum di una legge successiva potesse far rivivere la legge precedente. Così, la cancellazione della legge del 2005 avrebbe comportato un vuoto normativo, intollerabile in materia elettorale.
Forse da privati cittadini molti degli stessi giudici della Corte avrebbero voluto correre alle urne per cancellare l’orrenda legge elettorale. Hanno però pensato e agito da collegio giurisdizionale. Ciò oggi non ha consentito di avere un meccanismo più decente di traduzione dei voti in seggi, ma ha forse confermato il ruolo e la legittimazione dei giudici costituzionali nell’ordinamento democratico.
12 Gennaio 2012