2012: la Gibson Guitar Corporation, nata a Kalamazoo (Michigan) nel 1902, compie 110 anni, mentre la Les Paul, la sua più celebre chitarra, festeggia i 60 anni.
“A cosa pensi se dico: GIBSON (non Mel Gibson)?”
INFOGRAFICA DI BUON COMPLEANNO
SIMON
Gibson è la marca di chitarre che meglio nasconde la bevuta del giorno dopo di qualsiasi chitarrista. La pancia non si vede, il volto interessa meno, tutto dato dalla sinuosità delle forme e dalla densità dei suoi scuri. Chitarre disoneste, che mandano le figlie Epiphone a fare le puttane scadenti con chi non può permettersi il lusso di frequentare le madri. Gibson, anche per questo motivo, è la marca adottata da una quantità infinita di chitarristi e gruppi di merda che la hanno usata per depistare dalla cattiva qualità. Gibson è il nome di una chitarra che anche da spenta sembra suonare benissimo. Chitarre che sembrano vasi. La disonestà della bellezza, ma senza nessuna forma di cattiveria. E non avere cattiveria è profondamente disonesto.
ALBERTO
La prima Gibson non l’ho sentita, l’ho vista. In tv (sarà stato più di dieci anni fa, non ricordo il canale, non ricordo la trasmissione) davano uno speciale sui Led Zeppelin. Mandavano immagini del loro primo live, The Song Remains the Same, un concerto registrato al Madison Square Garden nel 1973. Parte Stairway to Heaven. Fino ad allora l’avevo consumata sul cd Led Zeppelin IV . Jimmy Page si presenta con una chitarra a due manici, uno a 6 e uno a 12 corde. Era una Heritage Cherry Gibson EDS-1275 6/12 Doubleneck. Per l’intro e la prima strofa suona la 6 corde. Poi passa alla 12. Ripassa alla 6 per l’assolo e finisce con la 12. La usava solo durante i concerti, altrimenti avrebbe dovuto cambiare lo strumento più volte. In studio aveva usato una Fender e una Harmony. Quell’assolo è considerato da Guitar World il migliore nella storia del rock.
VALENTINA
Ai tempi della cresima invece del violino volevo suonare il basso. Gibson è innanzitutto questo perché desideravo un Thunderbird. Nessuno mi ha preso sul serio e gli unici regali che ricordo sono le scarpe da punta per danza classica e delle catenine d’oro. Compressa a fatica nello stereotipo di genere, a 22 anni ho comprato un rotondo, elegantissimo Jack Casady. Body simile a una 335. Epiphone, perché i risparmi erano pochi. La Gibson è linea, al di là e addirittura più del suono. Oltre le canzoni, è il viaggio verso l’Indiana, con Kalamazoo lungo la US 131. Un disegno incollato con la colla vinilica sopra alla custodia di una Les Paul. La diavoletto che vorrei reagalre a mio fratello. E la Flying V, a sorpesa seduta a gambe aperte in cima alle scale della casa del mio ragazzo.
LUCA
Kalamazoo, Michigan. Nashville, Tennessee. I nomi sono americani. La suonano gli inglesi. La fine di ogni grande inglese è quello di calzare qualcosa americano, anche se solo Dio può sapere quanto sia tremendo “an english man in a baseball cap”. La vita è fatta di irriducibili dualismi, a cui non ha senso sottrarsi. La Gibson contro la Fender e la Gibson che esplode in wha-wha supersonici e ha un suono perfetto, e non basta, si tramuta in Union Jack e diventa icona/immondizia/trash/working class, il tabù della sua versione mercantile, l’ingombrante, imbarazzante, magniloquente, Epiphone. Bandiera della Cool Britannia. Ovunque, ev-er-y-wh-e-re. Alla fine, rimane l’eco di quel suono. Quello che amo. Dunque, il migliore. In the end, the sound you take is equal to the sound you make.
NICOLA
Ti amo Gibson, ti odio. Così fastidiosamente pomposa, e pesante, Cristo, pesante da stancarti la spalla. Ma pasta inconfondibile. Reggi tutto tu, non hai bisogno di cazzate, tu. Sempre controfase, così contro da essere conforme. La regola l’hai riscritta e mai più abiurata. Traditrice. Sei sempre il modo migliore per dipingere blue.
Auguri.