Sanremo 2012 si conclude lasciando dietro di sé polemiche e dispute, sicuramente in un certo senso potremmo dire che la musica sia stato l’argomento più neutrale del festival. Con ciò intendo, ovviamente, che il giudizio sui cantanti è talmente soggettivo, da lasciare piena libertà ai commentatori. Dire se un artista ci piace o no è, infatti, non solo concesso a ogni spettatore, ma richiesto implicitamente dal concorso e dal mercato discografico.
Dare invece un giudizio sul programma nel suo complesso, risulta più controverso, in quanto, in qualche modo si rientra in un tecnicismo riconosciuto come autorevole solo agli addetti ai lavori.
La rete, luogo in cui anche i non-specialisti hanno diritto di parola, offre, però, la possibilità di accedere a un’infinità di letture soggettive, a volte di grande insegnamento.
In questi giorni, ho avuto più occasioni di riflettere sull’opportunità dell’esistenza del mio blog, interrogandomi sulla validità delle valutazioni proposte in tema donna, mantenendo comunque salda la convinzione di non scrivere con la pretesa di pormi a un livello superiore dell’umanità.
D’altra parte, giustificando il mio operato, mi viene spontaneo chiedere perché criticare la musica è lecito, mentre manifestare di avvertire una rappresentazione cosificata della donna, significa voler proporre-imporre un modello femminile universale. Una cosa è certa, dire di non amare la donna-valletta, non significa condannare quella donna che in quel momento ricopre quel ruolo. Ma evidentemente questo non è sempre chiaro.
Mi ritenevo, fino a pochi giorni fa, libera da etichette, con il solo obiettivo di proporre la mia lettura (seppur criticabile, ma fondata su un’analisi quanto più possibile ragionata) della raffigurazione femminile, eppure scopro (tra i commenti a un mio articolo) di essere vista come una donna rovina di altre donne, con il potere di creare steccati divisori in cui inserire le donne degne e le indegne (anticipo che sono consapevole che le “accuse specifiche” ricevute – di bruciare al rogo le donne come Ruby – non erano direttamente riferite a me – anche perché potrei smentire con i miei stessi articoli – ma a tutte le donne giudicate come me).
Evidentemente devo ribadire che nessuno qui ha alcuna aspirazione di rendere universale il concetto di donna, né si vuole proporre una scala valoriale cui fare riferimento, penso solo che se molte donne sono stufe di vedere immagini che considerano lesive della propria dignità una qualche motivazione di spessore dovrà pur esserci.
So benissimo che molte delle persone che ideano pubblicità o programmi che mostrano il ruolo ornamentale della donna, non hanno alcun intenzione denigratoria né sono spinti da un volontario e subdolo proposito di sottomettere la donna, ma, sicuramente, sottovalutano le conseguenze che questa rappresentazione può generare nell’immaginario collettivo.
Si è parlato a lungo di Belén Rodriguez e del suo tatuaggio, personalmente non mi sento offesa dalla visione dell’inguine femminile, considero la cosa (se volontaria) una trovata volta a far salire l’audience. Quello che mi preoccupa, se mai, è il riscontro che si dà alla questione, ma, banalmente parlando, ammiccare a uno spettatore ‘voyuer’ fa parte del gioco delle parti.
Ed è qui che il mio ragionamento contorto voleva arrivare: in qualche modo a volte tra donne ci si accusa vicendevolmente di voler costruire la Donna. Mi spiego, le cosiddette femministe (anche se qui ci sarebbe da scrivere un capitolo a sé, perché, proprio in memoria Stefania Noce, il concetto di femminismo non è né statico né preordinato) si opporrebbero alla cosificazione della donna, avendo la pretesa di decretare, esaminando una a una le donne, quale sia la donna degna. Mentre le anti-femministe, (dicotomia in cui non credo assolutamente e che uso per semplificare, anche perché ritengo che non si possa inserire le persone alcuno schema approssimativo), riterrebbero le femministe un male per le donne, dato che fortunatamente l’emancipazione femminile non avrebbe più traguardi da raggiungere.
Non voglio copiare il direttore, ma la sua ‘critica alla critica’ mi ha imposto a riflettere: sono sempre stata pronta a giudicare quello che non mi piaceva, dando per scontato che si percepisse quello che avrei voluto vedere, ma ho capito che i ragionamenti impliciti risultano spesso contorti e indecifrabili.
Mi vorrei, quindi, rivolgere a quelle persone che per varie ragioni immaginano una televisione e una pubblicità diversa, perché come ha dimostrato Jacopo Tondelli con il Contro-Sanremo (in tema musicale) questo Paese ha molto da offrire in creatività.
Come tutti i commentatori esprimo una mia idea e se alcune pubblicità mi infastidiscono, cerco di esprimere la mia posizione per valutare in un dialogo con il ‘lettore’, l’utilità di simili strategia di marketing. Ripeto vedere il tatuaggio di Rodriguez non mi fa alcun effetto, pensare che i media la considerino notizia da prima pagina, qualche idea me la suscita, ma soprattutto vedere che determinate strategie ottengono i lauti profitti mi costringe a interrogarmi su cosa vogliano vedere gli italiani, quale ideale di programma o pubblicità abbiano le donne e gli uomini nel nostro Paese.
Certa di non scatenare lo stesso seguito ottenuto dal direttore, chiedo, quindi, a quelle persone che qualche volta capitano da queste parti, di rispondermi attraverso i attraverso i commenti. Esprimete liberamente le vostre idee, perché se nessuno avrà la presunzione di sentenziare, tutti ne guadagneremo.