Papale papaleIl cardinale del “complotto”

Di seguito la lettera del I settembre 2001 con la quale il cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, allora prefetto della congregazione vaticana per il Clero, oggi – a quanto scritto da Marco L...

Di seguito la lettera del I settembre 2001 con la quale il cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, allora prefetto della congregazione vaticana per il Clero, oggi – a quanto scritto da Marco Lillo sul Fatto quotidiano – responsabile di aver recapitato al papa un documento su un presunto complotto di morte ai danni dello stesso Benedetto XVI, inviò al vescovo francese Pierre Pican per complimentarsi con lui di essersi fatto tre mesi di carcere per non aver denunciato un prete pedofilo.

“Le scrivo in qualità di prefetto della Congregazione per il Clero, incaricato di collaborare alla responsabilità del Padre comune su tutti i preti del mondo. Mi congratulo con lei di non aver denunciato un prete all’amministrazione civile. Lei ha agito bene e mi felicito di avere un confratello nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare il suo figlio-prete. Effettivamente la relazione tra i preti e i loro vescovi non è professionale, è una relazione sacramentale che crea dei legami molto speciali di paternità spirituale. Questo tema è stato ampiamente regolato dall’ultimo Concilio, dal sinodo dei vescovi del 1971 e da quello del 1991. Il vescovo ha altri modi di agire, come ha spiegato di recente la Conferenza episcopale francese; ma non si può esigere da un vescovo che sia lui a denunciare. In tutti gli ordinamenti giuridici civili è riconosciuto al prossimo la possibilità di non testimoniare a carico di un parente diretto. Al suo proposito ci ricordiamo della parola di San Paolo: ‘A tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo; e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell’annunciare senza paura la parola di Dio (Filippesi 1, 13-14). Questa congregazione, per incoraggiare i fratelli nell’episcopato in una materia così delicata trasmetterà copia di questa missiva a tutti i fratelli vescovi. Assicurandole ancora la mia prossimità fraterna nel Signore, la saluto insieme al suo ausiliare e tutta la sua diocesi”.

Il vescovo fu condannato a tre mesi con la condizionale a settembre del 2001 per non aver denunciato un prete pedofilo, padre René Bissey. In una nota della conferenza episcopale francese, mons. Pican spiegò di non aver “dimenticato la prova subita” dalle vittime, ma che una denuncia alle autorità civili avrebbe implicato “una restrizione del campo del segreto professionale che non smette di inquietare”. Il sacerdote incriminato fu condannato a 18 anni di prigione per aver violentato un ragazzino e abusato di altri dieci negli anni Ottanta e Novanta.

Quando il sito francese Golias la tirò fuori, nel 2010, il portavoce vaticano, Federico Lombardi sj, commentò che la lettera “non rappresenta la linea presa dalla Santa Sede”, ed anzi è la “riprova” dell’opportunità delle norme introdotte nel 2001 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger e da Papa Wojtyla. “Questo documento – dichiarò – è una riprova di quanto fosse opportuna la unificazione della trattazione dei casi di abusi sessuali di minori da parte di membri del clero sotto la competenza della Congregazione della Dottrina della Fede, per garantirne una conduzione rigorosa e coerente, come avvenne infatti con i documenti approvati dal Papa nel 2001”.

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