Mondo CalcioL’annus horribilis del calcio inglese

È sempre pericoloso fare i conti a giochi in corso, specie se si parla di calcio. L’Arsenal potrebbe ancora rifilare cinque gol al Milan nella gara di ritorno a Londra e il Chelsea potrebbe vincere...

È sempre pericoloso fare i conti a giochi in corso, specie se si parla di calcio. L’Arsenal potrebbe ancora rifilare cinque gol al Milan nella gara di ritorno a Londra e il Chelsea potrebbe vincere con due reti di scarto contro il Napoli allo Stamford Bridge. A quel punto, forse, staremmo a parlare d’altro.

Nel frattempo, però, l’andata degli ottavi di Champions League, e la sfida indiretta proposta tra Serie A e Premier League, qualche indicazione la danno. E certamente negativa per il calcio inglese (che rischia la sua peggiore prestazione europea dell’ultimo decennio) e a tutto vantaggio di quello bistrattato di casa nostra.

Dopo avere già rischiato concretamente l’eliminazione nei preliminari contro l’Udinese, i giovani di Wenger sono stati surclassati dal Milan, mentre le stelle cadenti di Villas Boas hanno rivelato tutti i propri limiti a fronte del Napoli, attualmente sesta forza della Serie A. E molto peggio era andata alle due squadre di Manchester, United e City, eliminate già nella fase a gironi (rispettivamente da Basilea e Napoli) e costrette a giocarsi tutto in Europa League.

A testimoniare quanto detto c’è la classifica stagionale per club 2011/12 della Uefa, aggiornata dopo l’ultimo turno di coppa.

Subito dopo di Real Madrid e Barcellona, si piazza, a sorpresa, proprio il Napoli di Mazzarri. Al quinto posto (alle spalle delle Bayern Monaco) c’è il Milan, mentre la prima inglese è l’Arsenal (ottava), seguita da Chelsea (nona) e Manchester United (addirittura 17esimo).

Cosa resta allora del modello inglese che solo quattro anni fa riusciva a portare due squadre in finale di Champions?

Di sicuro ci sono gli stadi, una versione ultrafuturistica dei fatiscenti impianti italiani. E poi gli introiti provenienti da botteghino, diritti televisivi e marketing, che tracciano ancora una distanza abissale con il calcio della penisola. Per capirlo basta guardare la più recente Football Money League della Deloitte (relativa alla stagione 2010/11), dove metà dei primi 12 club più ricchi sono inglesi e solo due gli italiani.

Non ultimo, va ricordato il ranking Uefa per Federazioni nazionali (che si basa sui risultati ottenuti dai rispettivi club nelle ultime cinque stagioni e che serve a determinare il numero di posti assegnati a ogni Paese nelle successive competizioni internazionali), dove l’Inghilterra resta saldamente al primo posto, seguita da Spagna e Germania, mentre l’Italia è solo quarta.

A questo punto, confortati dai dati strutturali, si potrebbe pensare che il disastro inglese dell’ultima stagione non rappresenti che una coincidenza, una fluttuazione ciclica destinata a rientrare presto. Intanto, però, il calcio d’oltremanica si appresta a celebrare il suo annus horribilis.

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