In libreria, in cerca di qualcosa che mi tenesse avvinghiato alle pagine durante la prevedibile impraticabilità della città a causa della neve, mi imbatto in “Le regole del gioco”, scritto da Riccardo Perissich e pubblicato da Longanesi. Non conosco il motivo per cui accade, ma sono convinto che spesso siano i libri, quasi dotati di perverse coscienze, ad attirare la nostra attenzione. Così è stato quando ho letto il nome dell’autore, Riccardo Perissich, un nome che la mia memoria aveva sepolto in chissà quale meandro, prima che il risvolto di copertina lo riportasse a galla. Ho lavorato in una funzione organizzativa vicino alla sua per qualche anno e ne ho sempre sentito parlare con enfasi positive.
Bene, mi sono detto, sembra di rivivere la storia di Roberto Costantini, ovvero quella di un manager che dopo aver raggiunto le più alte vette all’interno delle organizzazioni di aziende importanti, decide di darsi alla scrittura di thriller.
L’esordio è fortunato. Il thriller spionistico si dipana coinvolgente e senza pause per tutte le quattrocento pagine, con un finale molto lungo e con sorprese svelate poco a poco. Lo stile, veloce e diretto, è tipico di una certa scuola “thrilleristica” semplice ed efficace. La storia è ambientata nel mondo dei servizi e ha come punto di convergenza una squadra di “barbe finte” italiane alle prese con reticenze, depistaggi e tradimenti, ma anche con sentimenti e vite non facili. Il complotto da sventare invece ha carattere globale e coinvolge i servizi di altri paesi, diplomatici, doppiogiochisti e poteri assortiti. Gli epiloghi buonisti non sono ammessi.
La descrizione di ambienti e personaggi è efficace e mai fine a se stessa, sempre legata a filo doppio all’essenza della storia narrata, dove gli eventi non possono non coinvolgere – e pesantemente – le vite e le abitudini dei protagonisti.
Il protagonista principale, un colonnello dei servizi dall’acutissima intelligenza, è in lotta con un mondo che spesso non (lo) comprende e si trova, suo malgrado, e proprio per questo, a lottare contro forze molto più grandi e per lungo tempo sconosciute. Le complicazioni sentimentali si affacciano nelle pagine del romanzo e talvolta guidano le operazioni.
Non mancano gradevoli riferimenti a romanzi gialli classici e citazioni di brani di musica sinfonica e operistica.
La copertina del volume è interamente occupata dalla carta dell’asso di quadri, sporca, con alcuni controni bruciacchiati e qualche goccia di sangue che cola. La quarta di copertina riproduce il retro della medesima carta. Chi è l’asso di quadri?
Insomma, e per concludere, sembra che Perissich – come Costantini – non abbia fatto altro nella vita che scrivere thriller.
21 Febbraio 2012