La giornata di ieri ha rappresentato un altro passo verso la guerra. Mentre l’Iran faceva sapere che i colloqui con gli ispettori dell’Aiea procedevano bene, negava loro di visitare il sito di Parchin. I nostri giornali lo descrivono come un “sito nucleare”, ma non è corretto, è un sito militare. Probabilmente per questo motivo gli iraniani hanno opposto un rifiuto alla richiesta di visitarlo: con una guerra contro Israele e Stati Uniti incombente, non è accettabile far girare personale guidato da Yukiya Amano, presidente dell’Aiea e fedelissimo degli Usa, all’interno delle proprie strutture militari.
Il sito di Parchin viene usato in particolare per la ricerca sugli esplosivi. Probabilmente se l’Iran stesse cercando di produrre un’arma nucleare, farebbe qui alcuni test (non quelli riguardanti l’esplosione di un ordigno nucleare, sia chiaro). L’Iran ha già più volte negato agli ispettori dell’Aiea l’accesso in questa struttura militare, tanto che nel 2004 gli statunitensi avevano sollevato problemi di non-compliance con gli standard richiesti ai firmatari dell’Aiea.
Un anno dopo, nel 2005, l’Iran aveva permesso agli ispettori di accedere in alcune parti dell’area militare di Parchin, ma non gli aveva permesso di visitarla per intero a proprio piacimento. Così gli ispettori erano tornati dichiarando che non avevano notato “attività insolite” ma che – come al solito – non potevano escludere che l’Iran non stesse fabbricando una bomba. Questa è stata da allora la posizione ufficiale dell’Aiea: nonostante telecamere installate 24 ore su 24 in tutte le centrali di arricchimento e nonostante le visite mensili degli ispettori, hanno sempre dichiarato di “non poter escludere” la fabbricazione dell’ordigno atomico.
D’altra parte le visite dell’Aiea non sono proprio ispezioni improvvise. Pierre Goldshidt, membro dell’associazione Carnegie Endowment for International Peace, riferendosi alla prima visita a Parchin ha raccontato:
“Nel gennaio 2005 gli iraniani ci permisero di visitare solo una delle quattro aree che avevamo indicato di nostro interesse e ci diedero il permesso di accedere al massimo a cinque edifici. Abbiamo dovuto dichiarare quale delle quattro aree e quali cinque edifici volessimo visitare con largo anticipo. Questo può aver dato all’esercito tutto il tempo necessario per ripulire il posto”.