La Rete è bella perché è varia. La Rete è bella perché qui si discute, si critica, ci si arrabbia. Il mio post dell’altro giorno, quello in cui asserivo un po’ provocatoriamente un po’ seriamente che oggi Lost non ci piacerebbe, ha suscitato un’interessante discussione su Facebook, all’interno di una pagina “in” per gli amanti delle serie TV, ovvero Accademia dei Telefilm. Eccomi quindi a provare a spiegare il mio punto di vista, che come tale deve essere preso: un punto di vista.
Chi legge il mio blog da sempre sa che più di una volta mi sono trovata a citare Lost, a rivangare i bei tempi in cui guardavo l’opera maxima di JJ Abrams e a essere un po’ nostalgica di quel periodo. Perché una serie così rivoluzionaria, dopo Lost non c’è ancora stata. Ci sono stati tanti che hanno provato a presentarsi come eredi, lo stesso Abrams ha tentato di bissare il suo successo, ma con miseri risultati. Miseri non tanto perché i prodotti non siano interessanti (Fringe – ad esempio – va avanti da quattro stagioni e anche se di tanto in tanto è un po’ troppo cervellotico e a tratti ridondante continua a mantenere un buon livello) ma perché non hanno minimamente ricoperto il gap che la fine di Lost ha lasciato. Hanno provato a giocare con le stesse armi che hanno reso Lost vincente (i grandi temi, i contrasti, la tecnica narrativa), ma senza esiti. Da questo punto di vista, Lost è rivoluzionario. Ma non dico nulla di nuovo.
Che Lost sia destinato a entrare nella storia è certo: è già parte della storia, come del resto fanno tutte le rivoluzioni. Il punto non è se annoverarlo o meno tra le serie che hanno cambiato il nostro rapporto con la televisione, su quello nessuno discute. Il punto è che a mente fredda, pensando oggi al prodotto finale, Lost non è un capolavoro. E, ribadisco, lo dico e lo nego perché razionalmente ne sono convinta, emotivamente io sono una di quelle che l’isola l’ha fatta sua. Però è oggettivo che sono tante le cose che “ci siamo fatti andare bene”, perché “coinvolti” nella serie. Non era una serie perfetta, quindi quel eh no, Lost non si tocca è inadeguato. Non era perfetta perché di tanto in tanto riempiva la trama di parentesi non chiuse, di interrogativi aperti. Lo stesso finale, con la chiusa esistenzialista, il misticismo che pervade la scena, il limbo in cui si trovano i personaggi che non hanno trovato altre amene vie di fuga (come Mr. Eko) o altri inferni (come Micheal) può piacere o non piacere, ma onestamente non è originale. Nel momento in cui è diventato troppo complicato gestire un prodotto del genere si è puntato sulla più classica delle interpretazioni, il gioco eterno e irrisolto tra Bene o Male (che si può leggere con tutte le sue sfumature – fede e miscredenza, luce e buio e via dicendo).
Se Lost non ci fosse stato, otto anni fa, ci sarebbe stata un’altra serie del genere a prendere il sopravvento. Lost è stata una delle prime a fare della battaglia tra yin e yang il suo punto di forza, ma in quel periodo stavano nascendo altri prodotti che, a modo loro e completamente diversi, ruotavano su questi temi. Dexter, che nasce due anni dopo Lost, avrebbe potuto essere il Lost di quella generazione (perché il tema della fede se è palese solo nell’ultima stagione, pervade da sempre l’universo di questa serie. Ma anche qui la fede è solo uno dei temi). Ma Dexter è solo un esempio: il punto è che una decina di anni fa, il pubblico (noi, io) era pronto a una serie di questo tipo. Una serie che poteva lasciare tanti punti di domanda, che fosse confusionaria, che lasciasse un finale aperto alle interpretazioni, un finale di cui tanti hanno avuto bisogno di chiedere spiegazioni. Una serie che ci facesse vedere una realtà diversa, una serie introspettiva che mettesse a tacere il nostro bisogno di rendere tutto scientifico.
Oggi no. Un’altra serie di questo tipo, molto probabilmente, oggi la molleremmo alla fine della prima stagione. Ecco il succo del mio discorso: cercare in modo così ossessivo un erede di Lost è da folli. Perché un altro Lost oggi non lo vorremmo, oggi non lo apprezzeremmo. Vogliamo novità, quella novità che Lost 8 anni fa seppe dare, ma che oggi tuona così maledettamente retrò. E non è uno sminuire la serie, ma un modo per dire: ragazzi, andiamo avanti.