In Iran finisce l’era di Ahmadinejad?

Il Leader Supremo Khameneì ha voluto che queste elezioni rappresentassero la conferma della fiducia del popolo della Repubblica Islamica e la sconfitta personale di Ahmadinejad, che paga per i suoi...

Il Leader Supremo Khameneì ha voluto che queste elezioni rappresentassero la conferma della fiducia del popolo della Repubblica Islamica e la sconfitta personale di Ahmadinejad, che paga per i suoi troppi litigi con l’uomo al vertice della piramide di potere iraniana e rischia l’impeachment.

Il turnout (dichiarato) del 65 per cento è stato elevato rispetto alle scorse elezioni parlamentari, ma analisi più attendibili dei dati ufficiali trasmessi dal governo lo danno intorno al 40 per cento. Gran parte della popolazione ha disertato le urne per protesta: dopo i brogli del 2009 e la sanguinosa repressione, difficile trovare ragioni per votare. Eppure non pochi lo hanno fatto. Un dato interessante è quello dell’elevato numero di schede bianche, in paticolare a Tehran, spiegabile dal fatto che il proprio documento elettorale va presentato dagli studenti in università e talvolta viene richiesto anche per un’assunzione: meglio quindi non rischiare di passare per oppositori del regime e andare a farsi mettere un bel timbro.

I due partiti identificati dai media come “anti-Ahmadinejad” e fortemente a sostegno del Leader Supremo stanno conquistando circa il 75 per cento dei seggi del Majles, il parlamento. Gli ultimi irriducibili sostenitori del presidente si dividono le briciole coi riformisti moderati e altri partiti minori.

Non solo i brogli possono aver giocato un ruolo fondamentale nel garantire i numeri ai sostenitori del Leader Supremo, ma i media iraniani forse hanno dipinto la situazione di Ahmadinejad più nera di quanto non sia. “E’ sbagliato credere che si sia votato pro o contro il presidente” dicono analisti iraniani. In fondoanche nei partiti cosiddetti “anti-Ahmadinejad” ci sono sostenitori del governo, addirittura alcuni ministri. E’ probabile che il nuovo parlamento che si sta formando, man mano che lo spoglio continua, si opponga al presidente accompagnandolo al termine del mandato senza scossoni, garantendo continuità alle sue politiche riguardo i tagli ai sussidi e i progetti sul nucleare.