La decisione della regione Lazio di non acquistare più prodotti o componenti fatti in Cina, non poteva che farmi sorridere e confermarmi a come sia inadatta a governarci l’attuale classe politica, misera e populista..
Non voglio entrare nel merito delle motivazioni che hanno prodotto questa castroneria grande come una montagna, la situazione in Tibet sulla quale parlerò nei prossimi giorni, ma vorrei capire ora come se ne escono fuori.
In pratica da oggi la regione Lazio non potrà più acquistare prodotti elettronici, stampanti, computers, automobili (molti componenti vengono fatti in Cina anche se sono poi assemblate in Europa), ma anche penne biro, cancelleria varia, telefonini, tessuti, televisioni a schermo piatto, prodotti in plastica, microfoni per le sale riunioni, proiettori, etc.
Dall’altro canto, la regione ora non potrà che optare verso prodotti fatti in occidente e dovrà accettare di acquistarli a costi maggiori, con conseguente aggravio sulle casse pubbliche.
Se poi aggiungiamo che il 65% delle produzioni cinesi che vengono esportate sono prodotte da aziende occidentali presenti in Cina, da sole o in JV, allora il danno è duplice, dato che molte aziende italiane producono in Cina.
Mi fermo qui. Non penso che si possa aggiungere altro che stendere un velo pietoso su un’altra vicenda che potrebbe ancora una volta farci vedere dal mondo sempre più piccoli e insignificanti in Europa.
Si dovrebbe smetterla di permettere alle regioni e alle amministrazioni locali di prendere decisioni e posizione su situazioni che implicano i rapporti con paesi esteri. Invece di pensare a come fare a ridurre gli sprechi e a risanare i conti della sanità, la regione Lazio pensa in grande e scavalca il ministero degli esteri su temi che non conosce.