Papale papaleBenvenuti lefebvriani, ma anche gay e divorziati risposati

Ma sì, diamo il benvenuto ai lefebvriani in seno alla Chiesa cattolica romana. Chiariamo, non mancano le perplessità – è il termine più diplomatico che mi viene in mente – per questa fraternità sac...

Ma sì, diamo il benvenuto ai lefebvriani in seno alla Chiesa cattolica romana. Chiariamo, non mancano le perplessità – è il termine più diplomatico che mi viene in mente – per questa fraternità sacerdotale ultra-tradizionalista, scismatica dagli anni Ottanta, visceralmente ostile al Concilio vaticano II, attraversata da pulsioni che hanno avuto nella delirante negazione dell’esistenza di shoah e camere a gas del vescovo britannico Richard Williamson solo l’espressione più sfacciata di un ben più diffuso e radicato antisemitismo, legata, soprattutto oltralpe, a ambienti e umori politici sciovinisti, nazionalisti, razzisti. Anche la lunga, incidentata operazione che ha portato i lefebvriani a un passo dal ritorno in piena comunione con la Santa Sede, per volontà di Benedetto XVI, non può non sollevare qualche incertezza. Non è chiaro, ad esempio, cos’è il “preambolo dottrinale”, quel documento-chimera che gli uomini del Pontefice hanno sottoposto alla approvazione degli eredi di Marcel Lefebvre quale precondizione per la sutura dello scisma. Non è mai stato pubblicato, non è noto il contenuto, non si sa quanto e come l’insegnamento conciliare venga annoverato tra gli aquis del magistero. Non è evidente, ad una mente semplice come la mia, perché non far sottoscrivere ai lefebvriani, più semplicemente, i documenti del Concilio e il catechismo della Chiesa cattolica, per attestare la loro cattolicità. Non è ovvio quale testo dovrà firmare, in futuro, chi vorrà diventare cattolico. Ciononostante, benvenuti lefebvriani.

Sì, perché se il gesto di Joseph Ratzinger di aprire la porta ai tradizionalisti è dettato non già da un’inclinazione ideale, ma dalla volontà di riconciliazione e unità cattolica, io sono d’accordo. Trovo che sarebbe bello se, misericordiosamente, la Chiesa aprisse le sue porte, tutte le porte, a chi crede nel Dio cristiano e nel magistero cattolico. Anche se non è perfettamente in linea con questo o quel Concilio, con questo o quell’aspetto della dottrina e della storia ecclesiastica. Trovo che sarebbe profetico se la Chiesa fosse radicalmente cattolica e universale, materna a destra e a sinistra. Senza asfittiche gelosie incrociate o recriminazioni che ad alcuni ricordano il fratello del figliol prodigo. Trovo che sarebbe ammirevole che, pur difendendo il proprio insegnamento, la Chiesa dimostrasse una certa, creativa intelligenza, per non dire flessibilità, nei confronti di qualche eterodossia. E, attingendo al proprio complesso patrimonio teologico, ecclesiologico, dottrinale, come i lefebvriani facesse sentire a casa anche i divorziati risposati e le coppie gay. Benvenuti lefebvriani, insomma – ma non da soli.

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