L’esito giudiziario della rabbia del Nord espressa in questi vent’anni dalla Lega, e su cui ora occorre aspettare il verdetto dei giudici, riporta ad un paradosso, chiamato il “teorema di Edith Piaf”, che viene spesso applicato a Paesi con bassi tassi di legalità come il nostro. E che, per usare le parole di Monti, rende con pari frequenza il nostro paese “prevedibile” per gli stranieri, anche se non proprio nel senso inteso dal primo ministro.
Prima di raccontarlo, una breve premessa. In quasi dieci anni di lavoro per testate straniere mi è capitato di discutere su alcuni servizi che mi venivano chiesti su imprenditori e politici italiani. Quando il capo straniero aveva la mala parata di innamorarsi di un qualche imprenditore o politico italiano, cominciavo col dirgli che «sì va bene ma stiamo all’occhio perché l’Italia è bizantina e fiorentina e questo è stato anche coinvolto in quello scandalo, quello è legato a quell’altro lì che è un personaggio implicato in questo e quell’altro» e così via.
In almeno due occasioni, una volta con un collega inglese e una con un diplomatico francese, quando ho espresso i miei dubbi, mi sono appunto sentito rispondere: «va bè ma a paesi come l’Italia devi applicare il teorema Edith Piaf». La prima volta non ebbi modo di farmelo spiegare. La seconda presi il diplomatico da parte. Ecco allora come me lo raccontò: «Edith Piaf era figlia di una prostituta che la abbandonò. Fu quindi cresciuta da altre prostitute in un lupanare. Se l’avessi incontrata, le avresti mai chiesto se era vergine?».
Posto che normalmente questa non è una domanda che la buona creanza permetta di rivolgere a una signora e posto che la storia di Édith Giovanna Gassion, così si chiamava, non è esattamente questa (era la nonna paterna che possedeva un postribolo), il principio vuol dire che in un Paese-bordello puoi solo aspettarti qualcuno più vergine di qualcun’altro, ma non puoi mai aspettarti delle vergini tout court. Discorso che vale oggi per la Lega, ma che si può fare in tanti altri casi. Se vogliamo si tratta solo di una forma più articolata di quel «il più pulito ha la rogna» che un italiano si sente ripetere sin da quando è in fasce. E, proprio come quest’ultimo, rischia di ridurre il discorso all’auto assolutorio “così fan tutti” così tanto amato dai nostri politici e dai nostri imprenditori. Con una differenza: il teorema di Edith Piaf non dice che siamo nella notte in cui tutte le vacche sono nere, ma semmai che ci sono tante tonalità, che puoi aspettarti un grigio, un blu scuro ma un bianco candore no, questo non può rientrare nelle nostre aspettative. Sono tutte semplificazioni, è quasi fastidioso scriverne, e per di più il teorema di Edith Piaf rischia di essere una giustificazione. Ma per ridurre il fastidio bisogna prima avere chiara una cosa altrettanto banale: comprendere non vuol dire accettare, almeno, non in questo caso.