Bitchiness gets you everywhere“Maledimiele”. Per imparare a dire “anoressia” ad alta voce

“Mi chiamo Sara. Ho quindici anni. Vivo a Milano e riesco a ingurgitare l’intero contenuto di un frigorifero in sette minuti: yogurt, formaggio, salame, uova, verdura cruda, prosciutto, cipolline s...

“Mi chiamo Sara. Ho quindici anni. Vivo a Milano e riesco a ingurgitare l’intero contenuto di un frigorifero in sette minuti: yogurt, formaggio, salame, uova, verdura cruda, prosciutto, cipolline sottaceto, latte, marmellata, agnolotti e qualsiasi altra cosa mi capiti in mano. Poi corro in bagno, m’infilo un calzascarpe d’osso in gola e vomito fuori tutto”.
E’ la dolorosa storia di un’adolescente come tante, quella raccontata in Maledimiele, il primo film italiano che affronta apertamente il tema dell’anoressia. La pellicola indipendente, realizzata nel 2010 dal regista milanese Marco Pozzi e presentata nel corso della 67ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è in proiezione nelle sale romane dal 19 aprile, distribuito da Movimento Film.

Maledimiele racconta senza falsi moralismi la delicata storia di Sara (Benedetta Gargari), un’adolescente che si perde, quasi senza rendersene conto, nel tunnel dell’anoressia. Ha le sembianze di una ragazza come tante, Sara: di famiglia milanese benestante, figlia di genitori amorevoli (interpretati da Gianmarco Tognazzi e Sonia Bergamasco), circondata da amici affettuosi. Brava a scuola, intelligente e vivace. Ma la perfezione apparente cela un profondo abisso di ossessioni interiori che la costringono a condurre una seconda vita che si svolge solitaria nell’intimità della sua stanza, e che taglia fuori il resto del mondo.

Sara avverte una mancanza, un vuoto dentro di sé che percepisce ma non conosce, e che non riesce a colmare. E allora sente l’inesorabile desiderio, maniacale, di prendere il controllo su sé stessa, sulla sua persona, sul suo corpo, per sentirsi viva, per sentirsi in pace, completa. Le strette regole di autodisciplina, le sofferenze che impone a sé stessa, le sfide quotidiane che si costringe ad affrontare sono le modalità attraverso le quali il suo disagio prende forma e si insinua nella sua vita quotidiana. Il controllo ossessivo del peso corporeo, il consumo di calorie protratto fino allo sfinimento sono gli unici atti che la rendono soddisfatta, la fanno sentire appagata.

Ma questa “luna di miele” dura un breve lasso di tempo e non è altro che l’anticamera della tragica schiavitù dell’anoressia. Il cammino è in realtà lento e difficile verso l’obiettivo di quei famigerati 38 chili che la renderebbero perfetta e accettabile ai suoi stessi occhi.
Il percorso sembra ormai irreversibile, ma è proprio nel momento in cui la sua drammatica condizione si rende evidente a coloro che la circondano che per Sara si apre uno spiraglio di luce. La scoperta della sua malattia apre la strada a un duro percorso di riabilitazione e di recupero, per ritrovare la rotta smarrita.

Parlare a viso aperto dei disturbi alimentari è ancora un tabù. E non se ne discute abbastanza anche per una sorta di paura: come se dire “anoressia” a voce alta equivalesse a rendere reale e tangibile qualcosa che fino a un attimo prima semplicemente non lo è.
Ma avere il coraggio di parlarne è il primo passo per dichiarare guerra a questo problema. Già, perché troppo spesso si dimentica che si ha a che fare con una grave malattia. Si tende a cercare un capro espiatorio, si vuole dare a tutti i costi la colpa al mondo della moda, agli stereotipi proposti dal cinema o dalla televisione, ma si trascurano invece le dinamiche primarie che danno origine ai disturbi del comportamento alimentare.

Un passo significativo ha deciso di farlo il regista di Maledimiele, Marco Pozzi, che ha organizzato una serie di proiezioni-evento nelle scuole in collaborazione con Agiscuola. Un’iniziativa importante per incoraggiare le tantissime “Sara” che si spengono nel silenzio, a venire allo scoperto e a chiedere aiuto.

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