Ieri Google ha cominciato a pensare. O almeno sostiene di poter cominciare a farlo, e le prime tracce di questa attività sembrano aver convinto gli analisti americani. Alle 7 del mattino, ora della California, Google ha presentato la nuova infrastruttura di organizzazione dei dati Knowledge Graph, che viene annunciata come l’innesco di una rivoluzione nelle abitudini di ricerca da parte degli utenti.
Fino ad oggi il motore ha funzionato obbedendo al modello “paradigmatico” di formulazione delle risposte: quando si interroga Google, il dispositivo non propone una definizione dell’oggetto richiesto, ma mostra un elenco di campioni che permettono di riconoscerlo, o che esibiscono esempi efficaci di utilizzo. Se cerco la parola informatica su Google.it, il listato delle risposte mi propone un accesso alla voce di Wikipedia per la ricognizione enciclopedica del termine, due riviste specializzate di settore, una società di consulenza informatica, una news recente, due siti di strumenti per le scuole, tre siti di dipartimenti universitari, una Onlus, alcuni negozi di gadget digitali. L’informatica è una disciplina di studio universitario, una passione per ragazzi nerd, una prospettiva formativa importante per i bambini, un problema sociale, un sistema di dispositivi di lavoro per le imprese. Finora Google non si è impegnato a spiegare o a definire gli oggetti su cui viene interrogato, ma a fornire una cassetta degli attrezzi per poterci fare qualcosa di utile. Il listato delle risposte mostra gli effetti di quello che Putnam chiama “la divisione del lavoro linguistico”: ciò che appare nell’elenco sono esempi degli usi che ne fanno gli esperti e i personaggi più autorevoli del settore.
Il ricorso agli esempi ha incassato un successo di pubblico molto più ampio della tattica perseguita dai motori che tentano di offrire un inquadramento più “scientifico” del processo di risposta, come accade con Wolfram Alpha. Sono più maneggevoli di una definizione, che richiede attenzione e impegno di astrazione, hanno applicazione immediata, come quando si usa un talloncino di stoffa per riconoscere colore e ordito di un tessuto – invece di ricorrere a lunghe descrizioni verbali per ottenere lo stesso risultato.
Knowledge Graph aggiunge una nuova dimensione alla comprensione che Google potrebbe avere del mondo in cui viviamo. Le reti cognitive sono la via che il “programma forte” dell’Intelligenza Artificiale ha adottato per ricostruire la rappresentazione della conoscenza almeno a partire dai lavori pionieristici di Quillian del 1967. Google non vuole più limitarsi a scegliere campioni esemplari dal proprio archivio per rispondere alle domande: vuole farsi immagini del mondo, vuole pensare, come noi. La realtà non è popolata dai nomi delle cose – e nemmeno dagli oggetti, ma dagli eventi in cui le persone interagiscono tra loro e con le cose. Uno stesso oggetto di porcellana può essere una tazza se lo uso per bere, un vaso se gli impongo di ospitare dei fiori, un documento se lo trovo in una tomba picena. Le relazioni con me, con gli altri uomini e con le cose, sono la struttura cognitiva che mi permette di riconoscerlo, di averne una rappresentazione adeguata.
Knowledge Graph è il tentativo di circondare i nomi con la rete di relazioni che permettono al sistema di averne una rappresentazione adeguata, e agli utenti di esplorare la cosa nei fatti che ne illustrano il significato cognitivo. Come dice Danny Sullivan, l’esperimento che è stato condotto a Mountain View ha permesso di circondare 500 milioni di oggetti da 3,5 miliardi di fatti. L’esito, per ora visibile solo in America, è l’apparizione di un pannello nella colonna destra della schermata delle risposte, che esplicita le relazioni più interessanti per sondare in profondità il concetto sul quale si è interrogato il motore. Shakespeare viene ricondotto alle sue opere teatrali, all’età rinascimentale, agli altri autori del periodo – oltre ad essere descritto dai dati anagrafici noti sul suo conto. Al momento il progetto coinvolge nozioni che appartengono alle categorie del cinema, dell’arte, dei luoghi geografici, della musica, dell’astronomia, dello sport.
A metà marzo Amit Singhal, capo del team dell’algoritmo di ranking in Google, aveva anticipato alcune caratteristiche del Knowledge Graph al Wall Street Journal. Le sue dichiarazioni erano state accolte dalla comunità degli analisti con un certo scetticismo: si sospettava che Google stesse tentando di riciclare diversi esperimenti già proposti al pubblico, al fine di convincere il mondo finanziario di disporre di armi innovative contro la competizione sempre più minacciosa di Bing e Facebook. La presentazione di ieri sembra aver convinto gli esperti, secondo quanto testimonia Search Engine Land.
Personalmente trovo questa notizia una delle più emozionanti che siano emerse dal mondo della tecnologia della ricerca negli ultimi anni. È la commozione che si prova davanti alla tragedia inevitabile degli eroi. Le relazioni che circondano una nozione sono infinite, non deducibili a priori, e di natura molto diversa una dall’altra. Shakespeare è in relazione con la poesia e con il Rinascimento. Ma nel Rinascimento può essere in relazione con Bruno e con Galileo; il Globe Theatre riproduceva una visione cosmogonica che arrivava tramite Bruno da Camillo, e tramite Camillo da Lullo e dalla mnemotecnica: serviva agli attori per ricordare il testo – ma al contempo era una visione del mondo. La poesia di Shakespeare aveva relazioni con il neoplatonismo estetizzante, ma in qualche modo anche Galileo condivideva concezioni platoniche, che però ripudiavano la congiunzione di qualità primarie e secondarie nella conoscenza degli oggetti. Il motore dovrebbe conoscere tutte queste relazioni, le loro differenze di opposizione e di somiglianza; e dovrebbe sapere che per noi la poesia e la scienza si trovano su versanti opposti dell’esperienza, ma che non sempre è stato così e che potrebbe cambiare di nuovo; dovrebbe conoscere Platone e Aristotele, i poeti e gli scienziati, il piacere che si prova leggendo la poesia, l’entusiasmo della ricerca scientifica, e le ragioni che motivano queste situazioni; dovrebbe sapere che i libri sono splendidi, ma che possono diventare noiosi, che hanno un peso fisico, che sono fatti di pagine, che distinguono gli uomini in colti e ignoranti, che ci si può vantare di conoscerli o di non conoscerli, che si acquistano lauree in Albania per far finto di aver letto qualcosa anche se milioni di persone sanno già che si è passata la maturità senza particolari meriti.
Il motore non penserà; ma come per uno strano pinocchio che resterà di legno, può essere bello immaginare che sia diventato un bambino.