Ieri al tribunale di Milano, durante l’interrogatorio alla compagna di Calderoli, due facchini hanno fatto sparire dalla sala stampa il “divano di Mani pulite”. Corriere della Sera, Repubblica, Ansa hanno sborsato la loro quota per il nuovo fiammante sostituto in pelle sintetica. Le testate minori non hanno cacciato un soldo.
Se ne è andato così, dopo 35 anni, un pezzo di storia del giornalismo rivestito di pelle nera e con una comodissima imbottitura color tuorlo d’uovo, che ormai usciva da tutte le parti. Il sostituto, e soprattutto chi ci si siederà sopra, nei prossimi 35 anni, saranno all’altezza dei predecessori?
La domanda è oziosa. Perché tra 35 anni la sala stampa non esisterà più. Costa troppo. Le pulizie (2 volte a settimana, fatte dal personale del Tribunale) sono a carico dei giornali. Poi c’è l’affitto (anzi il subaffitto: perché il Palazzo di Giustizia mica è di proprietà del Ministero di Giustizia, le mura sono del Comune, che le presta a caro prezzo). La retta è di mille e duecento euro al mese, che per 35 anni farebbero oltre 5 milioni. Troppo, senza i fondi all’editoria!
E poi c’è la connessione internet, il telefono, la rassegna stampa, luce (che non funziona) e gas: tutto a spese del Gruppo Cronisti, un’associazione di cui fanno parte tutte le maggiori testate nazionali e in cui a pagare sono ormai solo i soliti tre. Gli altri hanno già smesso da tempo, con grande sdegno dell’Ordine dei Giornalisti. E lo sgombero (corre voce) non è questione di anni ma di mesi. Il dubbio è: a quel punto chi si prenderà il divano?