Lo scorso 2 maggio Delio Rossi, allora allenatore della Fiorentina, ha picchiato in panchina Adem Ljajić, calciatore che aveva appena sostituito. L’evento ha suscitato polemiche e, soprattutto, ha indotto moltissime persone (tra cui giornalisti della carta stampata e della tv, e blogger) a schierarsi pro o contro l’allenatore, pro o contro il suo giocatore.
Ma perché schierarsi in un caso così? Rossi ha commesso una sciocchezza, come ha ammesso lui stesso pubblicamente nelle ore successive. Poi ha cercato di spiegarne le ragioni, ma resta il fatto che era una sciocchezza. E quindi, perché schierarsi?
Nel frattempo si stava disputando la partita di Serie A tra la stessa Fiorentina e il Novara, che i toscani stavano perdendo 0-2 dopo mezz’ora di gioco. Le immagini televisive dell’episodio sono inequivocabili, e anche basandosi su di esse le autorità sportive sono intervenute squalificando Rossi per 3 mesi. Inoltre la società calcistica Fiorentina ha preso a sua volta provvedimenti sia nei confronti dell’allenatore, licenziandolo, sia nei confronti del giocatore, mettendolo fuori rosa per le partite restanti del campionato 2011/2012.
Tra i commentatori dell’episodio, qui su Linkiesta c’è stato Massimo Gallo nel suo blog MiConsento. Sulla carta stampata, esemplificativo dello stato mentale «pro-schieramento» è stato Michele Serra su la Repubblica del 5 maggio.
L’attacco del suo articolo è, perlomeno, confuso: «Io sto con Delio Rossi. Non perché sia innocente: è colpevole, il suo gesto è stato grave, la punizione anche troppo blanda».
Ehm.
La spiegazione di Serra del proprio schierarsi è coerente con quanto ha già detto, cioè confusa: «Sto dalla parte della sua sconfitta. Della sua impotenza di educatore. Del suo crollo improvviso di fronte a un ragazzo di vent’anni che lo insulta perché non sopporta ordine, non sopporta regole, non sopporta prove, soprattutto non sopporta giudizio. Non sopporta cioè tutto quello che un allenatore incarna, un maestro incarna, un padre incarna».
Ma in definitiva, quello che è successo nel corso della partita è che il giocatore Ljajić giocava male, a giudizio dell’allenatore Rossi, e quindi è stato sostituito. Un fatto concreto, contro il quale il giocatore può dire quello che vuole: ma dà solo aria alla bocca, perché non può cambiare la sostanza della sostituzione.
L’allenatore, di fronte alle parole del giocatore, poteva tranquillamente soprassedere. Scagliandosi contro di lui, invece, è come se avesse ritenuto priva di fondamento la propria azione, e più ricche di significato le parole. Ha commesso un errore. Adesso e in futuro ne subirà le conseguenze (non lavorerà per 3 mesi, almeno, causa squalifica).
I fatti sono questi. Cosa c’è da schierarsi? Le parole possono soltanto volare nel vento.