La Corte Costituzionale ha bocciato il piano di razionalizzazione dei plessi scolastici fortemente voluto dal ministro Gelmini con il decreto legge 06/07/2011, n. 98, convertito con modificazioni in legge 15/07/2011 n. 111. In vista di una migliore gestione dei plessi scolastici e di un ridimensionamento finalizzato al risparmio delle casse statali, nobilmente chiamato disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria. Nel corso di quest’anno scolastico le regioni hanno dovuto accorpare gli istituti scolastici con almeno mille studenti, che diventavano cinquecento per istituti delle piccole isole o quelli appartenenti ad aree geografiche con specificità linguistiche. Per forza di cose gli USR hanno tentato un piano di razionalizzazione forse ben più “razionale” dello stesso decreto legge. E i plessi scolastici si sono trovati così smembrati e frazionati anche a livello territoriale.
Sul piano pratico della gestione della scuola si è dovuto accorpare in senso verticale, asilo nido, scuola materna, scuola primo grado (ex elementari) e scuola secondaria di primo grado (ex scuole medie), con un mix abbondante di elementi e di plessi diversi, spesso non posizionati in luoghi raggiungibili tra loro. Si sono formati dunque istituti comprensivi di grandi dimensioni.
Successivamente si è dovuto individuare il personale docente e non docente soprannumerario, si è stilata una graduatoria interna, si è provveduto a riassegnare il personale scolastico (si badi, già di ruolo), anche in diverse sedi rispetto a quelle attualmente occupate. Ora che tutti i giochi sono fatti e si è quasi pronti a partire per il nuovo anno scolastico (la scuola è appena finita, ma si pensa già a settembre!) è appena giunta la sentenza della Corte Costituzionale che potrebbe ridisegnare un nuovo quadro.
Infatti regioni come la Toscana, l’Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata nel corso del 2011 avevano presentato ricorso in quanto ritenevano illegittimità costituzionale la disposizione dell’articolo 19 comma 4, del decreto legge 98 del 2011. E la Corte gli ha dato ragione poiché tali disposizioni violano l’articolo 117, terzo comma della Costituzione (quello che determina le competenze legislative di Stato e Regioni), “essendo una norma di dettaglio dettata in un ambito di competenza concorrente”.
La sentenza 147/2012 della Corte Costituzionale farà discutere e metterà in subbuglio, giustamente, il mondo scolastico, che già martoriato, saprà farsene una ragione. Quali saranno le conseguenze a livello gestionale e territoriale per una tale sentenza e come deciderà di reagire l’attuale ministro, non ci è dato ancora sapere. Alle scuole rimane solo un duro lavoro per iniziare in tranquillità un nuovo anno di lavoro con gli studenti.